Il cambiamento climatico, dovuto in particolare all’aumento delle temperature globali, crea effetti negativi anche alla psiche umana. Negli ultimi due decenni, risulta infatti sempre più evidente come svariate persone soffrano della cosiddetta “solastalgia”. Questo termine è un vero e proprio neologismo creato addirittura nel 2003. A coniarlo è stato il filosofo australiano Glenn Albrecht per indicare quella nostalgia unita a sofferenza che si avverte nel vedere la distruzione di interi ecosistemi.
Perché si manifesta la solastalgia
Il filosofo Albrecht, osservando gli effetti della distruzione dell’ambiente sui comportamenti e sulle emozioni umane, si è spinto a coniare il termine solastalgia. Questo neologismo deriva dall’accostamento della parola latina solacium che significa “conforto” alla radice greca “–algia”, ovvero “dolore”. In sintesi, solastalgia esprime quel sentimento di nostalgia che si percepisce verso un luogo, un habitat in cui ancora si risiede, ma che vediamo mutare in peggio.
Come ha precisato lo stesso Albrecht:
“È come una forma di malinconia che si percepisce quando ci si trova a casa, ma il proprio ambiente familiare sta mutando attorno a sé in un modo che si ritiene profondamente ostile”.
In realtà, Albrecht, quando coniò questo nuovo lemma, si ispirò a quanto stava accadendo in particolare in terra australiana, con il boom dell’estrazione del carbone, che creò appunto effetti psichici negativi su molti cittadini (specialmente tra gli abitanti della Upper Hunter Valley).
Poiché il concetto di solastalgia si può estendere alla distruzione o alterazione di altri habitat, viene ormai spesso utilizzato proprio per riferirsi alle drammatiche conseguenze che milioni di abitanti nel mondo stanno vivendo a causa di fenomeni ambientali deleteri. Periodi di siccità seguiti da alluvioni, fasi di canicola, trombe d’aria improvvise, abbattimento di foreste sono solo alcuni dei fenomeni che creano preoccupazione, ansia, ma anche rabbia e impotenza.
Ecco che emerge la solastalgia, perché si assiste, inermi, alla lenta scomparsa di un ambiente che conosciamo, e che sta mutando, ma che difficilmente ritornerà a essere quello in cui siamo nati e cresciuti.
È una sensazione dominata da un senso di perdita. Si assiste al decadimento dell’ambiente, di luoghi che amiamo e che ci confortano, che ci infondono un senso di tranquillità. La solastalgia riguarda una vasta percentuale di persone, perché i cambiamenti del clima e degli ecosistemi coinvolge tutti, senza confini.
Eco-ansia sempre più diffusa tra i giovani
Un team di ricercatori di diverse Università (tra cui quelle di Bath, Helsinki e Stanford) ha portato avanti una ricerca volta ad analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici e dell’inazione dei governi di fronte ai disastri ambientali sui giovani. Lo studio ha coinvolto migliaia di ragazze e ragazzi di età compresa fra i 16 e i 25 anni.
Dai dati emerge in questa fascia d’età la sensazione di eco-ansia dovuta alla percezione di una inadeguata azione degli adulti e dei governi davanti ai problemi ambientali. I giovani si sentono abbandonanti e traditi.
Anche l’American Psychological Association ha analizzato il fenomeno, definendo l’eco-ansia come “un’intensa sensazione di paura, smarrimento e mancanza di speranza, provocati dalla percepita incapacità di agire di fronte ai cambiamenti climatici”.
Yoga e meditazione possono contribuire a trasformare queste sensazioni?
Certamente non possono mutare la realtà e i problemi, però hanno il potere di infonderci maggiore consapevolezza. Più si è consapevoli di ciò che accade, più si hanno le capacità di affrontare i problemi in modo lucido.
Praticare regolarmente yoga e meditazione, inoltre, permette di mantenere un maggior equilibrio psicofisico ed emozionale, tale da riuscire a gestire meglio le varie forme di eco-ansia.