Il femminino sacro, al di là degli opposti – Intervista a Selene Calloni Williams

In occasione della Festa della Donna abbiamo approfondito il tema del femminino sacro con Selene Calloni Williams, scrittrice, documentarista, nonché direttrice di Imaginal Academy. Come Autrice, nei suoi numerosi libri (tradotti anche in inglese) approfondisce temi di psicologia, ecologia profonda, sciamanismo, yoga, filosofia e antropologia.

Si può affermare l’esistenza di un legame tra la perdita del sacro e il dominio della simbologia patricentrica nella cultura attuale?

«In effetti, esiste un legame. Nelle culture dominate dalla simbologia patricentrica – come la nostra – il sacro è cancellato dal bisogno di controllo, di analisi, di gestione. La perdita del sacro è lo smarrimento della comunione con la natura. L’individuo della nostra cultura è eco-incompatibile. Per lui la natura è una risorsa da sfruttare. E quand’anche egli si sforzi di fare ecologia, per lui ecologia significa sistematizzare e organizzare lo sfruttamento del pianeta in modo tale da poter continuare a sfruttarlo. L’ecologia, in un paradigma patricentrico del reale, è sempre antropocentrica; mette la sopravvivenza dell’uomo e i suoi bisogni al centro. Invece, il sacro esiste nella bellezza che è lo stato della medesimezza e dell’istantaneità. Quando il sacro non è nella medesimezza si fa aberrante. La medesimezza è perfetto equilibrio tra gli opposti: tra madre e padre, o femminile e maschile, che sono i simboli che riassumono tutti gli opposti».

In questa fase però siamo ancora molto condizionati dagli opposti e la società è permeata da profonde fratture…

«Non c’è dubbio. L’originaria disposizione dell’asse del mondo è stata cambiata molti secoli fa. L’umanità ha messo sottosopra termini che si trovavano sullo stesso piano e ciò ha comportato il seppellimento della metà dell’universo, quella dell’anima selvaggia, dell’eterno femmineo, dell’Io istintuale. Ponendo l’asse del mondo in posizione verticale noi non solo dividiamo due aspetti della medesima immagine, ma anche li separiamo e, alla fine, ne rifiutiamo completamente uno dei due. Questo rifiuto, o rimozione, ci rende difficile il recupero dell’immagine originaria».

Come possiamo quindi tornare alle origini o vivere in uno stato di medesimezza?

«Occorre ritrovare il centro, e perciò è necessario prima recuperare gli opposti. Ma l’individuo ha sepolto l’ombra che lo nutre e gli dà forza fino a perderne il contatto, ha smarrito la propria anima che è ciò che sta al di sotto, il mondo infero, la casa di Ade. Da allora, per ritrovare l’anima, è necessario un viaggio iniziatico che conduce sotto la terra, al di là della Grande Soglia, nell’Ade, nei sogni, nella notte, nell’oscurità, nel femminile».

Tu parli spesso del “fare anima”. Puoi sintetizzare qui cosa significa alla luce di una rivalorizzazione del femminino sacro?

«Fare anima significa prendere ogni persona, oggetto, evento con cui veniamo a contatto e riportarlo alla sua reale natura di immagine ricordando a noi stessi che stiamo sognando e che ciò che percepiamo è un’immagine prodotta dal nostro stesso sogno. Vuole dire, dunque, prendere la realtà pezzo per pezzo e ricondurla all’anima, ai regni di Ade, alla dimora delle ombre, alle profondità dell’eterno femmineo, ai reami dell’Io istintuale. Fare anima significa altresì saper evocare le ombre che abitano oltre la Grande Soglia e portarle in una zona ove ci sia possibile comunicare con esse: gli avi, gli archetipi, le immagini che popolano le profondità della nostra psiche, le ombre invisibili che determinano il nostro pensare e il nostro agire. Fare anima, in buona sostanza, significa fare in modo che tutto ciò che è al di qua e tutto ciò che è al di là della Grande Soglia si incontri in un confine che non ha collocazione né di tempo né di spazio. Questo confine è la terra di mezzo, la grande medesimezza».

Per approfondire:
selenecalloniwilliams.com

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