Yoga Mindfulness – Intervista ad Antonella Nardone

È possibile creare un ponte concettuale ed esperienziale tra yoga e mindfulness? L’addestramento mentale può affinare l’esecuzione delle asana e del pranayama, e, a loro volta, le posizioni yogiche e gli esercizi di respirazione hanno effetti positivi sulla consapevolezza e sulla presenza mentale? Leggendo il libro di Antonella Nardone troviamo risposte a queste e ad altre domande che ci poniamo.

Yoga Mindfulness” è il titolo del suo manuale, edito da Armando Editore.

Un testo in cui l’autrice spiega con precisione e chiarezza il modello di lavoro a mediazione corporea da lei sviluppato. Non si tratta tanto di un “nuovo metodo” di Yoga o di Mindfulness, bensì di una mappa che integra queste due antiche discipline, accomunate dalle stessi radici orientali. Più che un metodo si può parlare, appunto, di modello, dove risulta centrale il sistema dei chakra intesi come plessi psichici. L’approccio adottato da Antonella Nardone permette di sostenere la crescita interiore e lo sviluppo della consapevolezza. Tale elaborazione si basa sul suo lavoro di Mindfulness counselor, nonché di docente di Yoga Mindfulness presso Il filo del Sé, associazione di pratica e di formazione. Per approfondire meglio l’abbiamo intervistata.

Com’è nato il libro “Yoga Mindfulness”?

«L’idea è nata dall’esigenza di fornire un testo agli studenti che frequentano il corso di formazione per diventare counselor yoga mindfulness. Ho pensato di creare una sorta di manuale, che poi si è trasformato in un vero e proprio libro. Si tratta quindi di un testo teorico-pratico: infatti ho inserito la conoscenza e la pratica che io stessa ho esperito in vent’anni di lavoro e che vorrei trasmettere».

Come si incontrano lo yoga e la mindfulness?

«Essendo una praticante di yoga e al contempo insegnante di meditazione, ho voluto vedere e verificare come queste due discipline – che inizialmente tenevo separate – si potessero incontrare concretamente. Ho sperimentato come l’integrazione possa essere non solo possibile, ma anche un fattore di potenziamento dell’una e dell’altra. È proprio questo che mi ha spinto a unirle. Dalla Meditazione alla Mindfulness il passo è stato breve: infatti mentre la prima è uno strumento, la seconda fornisce la mappa per guidare lo studente in un percorso evolutivo».

Può descriverci in sintesi la pratica dello Yoga Mindfulness?

«Nella mia esperienza di insegnamento nell’ambito di diverse pratiche psicofisiche ho potuto verificare come il lavoro sul corpo permetta all’energia di fluire in maniera più corretta e in questo modo incidere direttamente sugli stati mentali. In un primo approccio, lo yoga è molto adatto alla preparazione della meditazione. Nello stesso tempo, la meditazione di consapevolezza – intesa come una pratica di osservazione sottile delle proprie sensazioni fisiche, del respiro e di concentrazione – può aiutare a dare spessore alla pratica yogica. Lo yoga può essere svolto in attitudine meditativa e questo può dare un valore aggiunto alla pratica stessa. L’una è quindi funzionale all’altra.

Lo Yoga Mindfulness si qualifica anche per un secondo aspetto: il lavoro sui plessi psichici. Ho pensato che i difetti mentali e le qualità connesse con il percorso della mindfulness potessero essere applicati anche nel sistema dei chakra. Nella psicologia buddhista, a cui si ispira la Mindfulness, i difetti mentali che allontanano dalla felicità e che quindi creano la sofferenza umana sono l’attaccamento, l’avversione e l’ignoranza. E sappiamo che le qualità che dobbiamo coltivare per andare oltre la sofferenza e per essere più aperti verso il mondo e la vita sono i cosiddetti “quattro incommensurabili”: le tre qualità del cuore, l’amorevole gentilezza, la compassione, la gioia compartecipe e la qualità della mente, ovvero l’equanimità. Ho cercato delle corrispondenze tra queste qualità e i chakra, che ho chiamato plessi psichici, e sviluppato un lavoro non verbale che libera dai veleni e sviluppa le qualità».

Può spiegarci meglio questo aspetto?

«Attaccamento e avversione, sono veleni della mente. Sono collegati al primo chakra, centro dell’istinto di sopravvivenza, quindi connesso alla difesa del proprio territorio e della propria identità. L’avversione è un meccanismo di difesa che nasce dalla paura di perdere quello a cui siamo attaccati; connesso anche al secondo chakra è il desiderio di sensazioni positive e di piaceri, che a sua volta crea attaccamento.

Attaccamento e avversione sono veli mentali che vibrano energeticamente nei primi plessi psichici inferiori; noi possiamo lavorare con lo yoga per decongestionare questi chakra, e quindi da far fluire l’energia verso i plessi superiori connessi con le qualità. Questo è un modo di prepararsi alla meditazione in maniera non verbale attraverso un alleggerimento energetico prodotto da un lavoro sul corpo.

Lo stesso vale per la stimolazione delle qualità del cuore, perché lavorando sull’apertura del cuore, attraverso asana specifiche, noi possiamo sviluppare l’attitudine all’amorevole gentilezza, alla compassione e alla gioia compartecipe. La quarta qualità che noi dobbiamo coltivare, l’equanimità, è tipica del terzo occhio, perché collegata alla visione non giudicante. Occorre osservare le cose così come sono, senza mettere un segno più o un segno meno. Il terzo occhio è quello spazio in cui si uniscono gli opposti. Quindi ecco come dei temi tipici della mindfulness si possano integrare utilmente con la pratica yogica».

Quando parla di mindfulness si riferisce a quale approccio?

«Quando parlo di mindfulness parlo della Deep Mindfulness, che è diversa rispetto a quella denominata MBSR. Quest’ultima, ovvero la Mindfulness-Based-Stress-Reduction, è terapeutica e protocollata per combattere lo stress. La Deep Mindfulness include tutti i temi di cui ho parlato, ovvero gli insegnamenti che fornisce il buddhismo, che vengono tradotti in termini laici, in un percorso di crescita interiore».

Nel suo libro scrive che un importante impedimento alla presenza mentale è il giudizio. Quanto la nostra crescita è condizionata dai pensieri giudicanti?

«Si tratta di un forte limite, poiché il giudizio ci porta ad eliminare un pezzo della realtà, piuttosto che vederla in maniera totale, intera. Per esempio, una delle osservazioni che si fa durante la meditazione è percepire se le sensazioni siano piacevoli, spiacevoli o neutre. Ogni volta che abbiamo una sensazione spiacevole, proprio quella sensazione produce pensieri di allontanamento dalle cause che l’hanno posta in essere. Quindi mettiamo un giudizio su quella cosa, o quella persona, o quella situazione. Noi la avversiamo, la neghiamo, vogliamo cancellarla. Viceversa, la sensazione opposta legata al piacere crea attaccamento.

Procedendo in questo modo, noi neghiamo l’aspetto opposto, perché ogni cosa ha un aspetto buono e uno cattivo, ogni cosa ha un risvolto opposto a quello che appare. Quindi, nel momento in cui escludiamo l’opposto, noi separiamo la realtà in bene e male, buono e cattivo, piacevole e spiacevole, mi piace e non mi piace. Questa altalena è una causa fondamentale di sofferenza e di non aderenza alla realtà e ci porta a degli abbagli spaventosi. Io credo che la meditazione, che favorisca l’equanimità, sia molto importante e che il lavoro sul terzo occhio sia un grosso sostegno».

In questo periodo complesso, c’è una pratica che può consigliare per affrontare ansie e paure?

«Consiglio vivamente di praticare la meditazione. Io sto facendo incontri on line nei quali includo comunque qualche piccolo movimento di yoga, che serve a preparare il corpo. Poi aggiungo una meditazione di concentrazione sul respiro, che ci porta a pacificare la mente. Voglio precisare che quando si parla di meditazione si parla di due tipi di meditazione, quella di concentrazione (Samatha) e quella di visione profonda (Vipassana).

La prima, detta del “calmo dimorare”, ha un effetto molto importante, perché calma la mente ed è quindi preliminare rispetto all’altra, che è la meditazione di visione profonda. Vipassana vuol dire che affronto tutto accettando le cose così come sono, senza attaccamento e senza avversione e questo permette di sviluppare una visione profonda della vera natura della Realtà.

In questo periodo suggerirei di lavorare prevalentemente sul calmo dimorare focalizzandosi quindi sul respiro. All’inizio ci si può concentrare sull’aria che entra ed esce dalle narici, poi si può allargare l’osservazione ai polmoni e alla gabbia toracica che si dilata, poi ai polmoni quando sono pieni e poi quando sono vuoti, poi si può osservare l’addome che si solleva e si abbassa. Si può osservare se il respiro è lungo o corto, se è regolare o irregolare. Di istruzioni ce ne sono tante. Ci si può ispirare alle indicazioni originarie date dal Buddha su come si osserva il respiro, che troviamo nei testi noti col nome di Anapanasati sutta, il discorso sulla consapevolezza del respiro. Tuttavia non è semplice apprendere da soli ed è consigliabile farsi aiutare da un insegnante che dia istruzioni e poi a seguito di quelle istruzioni si può meditare da soli.

Quindi io consiglio di seguire un corso – in questo periodo on line, per collegarsi con qualcuno, con un insegnante, con un gruppo – per apprendere a meditare, nel caso in cui una persona non conosca la pratica, oppure per rafforzare le proprie conoscenze, perché anche se si medita da tanti anni è sempre utile riprendere le istruzioni. Una volta apprese le basi ci si ritaglia un quarto d’ora al giorno per meditare. In questo modo impariamo a ritornare al momento presente, che è questo l’aspetto importante della meditazione.

Se io sono in balia dall’ansia, vivo in un dopo, in qualcosa che non c’è ancora, ho paura di qualcosa che può succedere, che non è qui. Se invece sono capace di ritornare al presente, al qui e ora, ciò mi aiuta moltissimo, perché vivo nel momento presente, non sto nel futuro che non c’è ancora e non sto nel passato che non c’è più. La presenza mentale è il segreto, e la meditazione serve a coltivare la capacità di stare nel presente e quella capacità si può portare nella vita quotidiana».

La sua associazione, Il filo del Sé a.s.d. organizza corsi on line?

«Sì. Personalmente, finché saremo in emergenza, sto tenendo incontri di meditazione gratuiti tre volte la settimana. Presto saranno anche presenti on line una serie di corsi di Yoga, tenuti da insegnanti della nostra Scuola, ma ispirati a varie tradizioni e dedicati ai problemi delle persone che in questo periodo sono costrette a casa. Chi fosse interessato può scrivermi a: antonella.nardone@ilfilodelse.it».


Chi è Antonella Nardone

Counselor con indirizzo transpersonale Deep Mindfulness (Dharma oriented), insegnante e formatore di Yoga, di Meditazione e di Mindfulness.

Dal 2008  è fondatrice e direttore didattico de “Il filo del Sé“, alle porte di Roma, associazione di ricerca per lo sviluppo della consapevolezza e  Scuola di Yoga Mindfulness, che forma insegnanti e counselor.

È docente Mindfulness Project.

È autrice del libro Yoga Mindfulness,  la mente nel corpo (Armando editore, 2020)

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