Savasana è considerata una delle posizioni più semplici (apparentemente) della pratica yogica e talvolta viene posta in secondo piano, per privilegiare asana più complesse. Eppure, essa apporta numerosi benefici ed è indicata anche per alcune meditazioni. Savasana significa “posizione del cadavere”. Questa denominazione fa capire che per attuarla occorre rimanere assolutamente immobili. Il corpo dovrebbe rimanere in una condizione di immobilità e in uno stato di abbandono. Per alcune persone orientante al movimento, ciò può risultare molto difficile. Ecco perché Savasana è ritenuta una delle posizioni più difficili nello yoga per i neofiti.
Si esegue in posizione supina, sdraiandosi a terra, tenendo le braccia lungo i fianchi e le mani aperte con i palmi rivolti verso l’alto. Le gambe sono leggermente allargate, i piedi si aprono verso l’esterno. Il respiro è naturale e spontaneo. Gli occhi sono chiusi, ma non serrati. Bisognerebbe rimanere in questa posizione per almeno cinque minuti. Questa postura viene in genere eseguita al termine di una sessione yoga. Savasana infatti fa parte della fase di rilassamento. Nel caso in cui si avvertano fastidi alla schiena, si possono portare i piedi vicino al bacino, le ginocchia sono alzate. In alternativa, si può mettere una coperta ripiegata o un bolster sotto le ginocchia.
Savasana è una postura utilizzata anche nella pratica meditativa. Per esempio, è indicata per effettuare la tecnica del body scan, l’esame consapevole del corpo alla ricerca dei punti di tensione. Sebbene il body scan si possa effettuare anche nella postura a gambe incrociate, in Savasana la scansione del corpo può risultare molto più semplice. Essendo il corpo disteso è più facile portare l’attenzione alle singole zone del corpo, partendo dai piedi sino alla testa. Grazie a questa postura e al body scan si attiva un profondo rilassamento e si addestra la mente a una maggiore consapevolezza.