Lo yoga e le energie dell’esistenza

Secondo la filosofia dello yoga, il cosmo è mosso da un continuo flusso e riflusso. Si può parlare di una danza cosmica, in cui le energie della creazione, del mantenimento e della trasformazione rappresentano una costante della vita. Sono energie influenzate dalla interazione degli Elementi della Natura, quali fuoco, aria, acqua, terra, etere. E proprio la dinamicità e il fluire di queste energie e forze influenzano i nostri processi psicofisici.

La tradizione yogica, ispirata da queste manifestazioni, ha elaborato una ricca cosmogonia piena di simbolismi, in cui i miti si intrecciano a teorie incentrate sul concetto delle energie vitali. Le divinità tipiche dell’induismo  – molte delle quali hanno ispirato il nome e il simbolismo di varie asana e mudra – rappresentano metaforicamente proprio le energie della creazione, del mantenimento e della trasformazione. Di questi argomenti ne abbiamo parlato con Jores Facchinelli e Paola Elena Brignoli, entrambe insegnanti di yoga.


Nel vostro prossimo retreat esplorerete il tema Le energie dell’esistenza: creazione, mantenimento & trasformazione. Questo argomento, come si collega ai miti e alle divinità indiane?

Paola: «La tradizione yogica indiana è ricca di miti e divinità che rimandano al concetto di ciclicità dell’esistenza e spesso la triade che viene in mente è quella di Brahma, Vishnu e Shiva. Vorrei tuttavia portare l’attenzione alle divinità femminili come la dea Saraswati, letteralmente colei che fluisce. Rappresenta la Dea associata alla creatività e la sua energia ci aiuta a dare forma ai nostri progetti, a trovare ispirazione e a plasmare la realtà circostante. Saraswati ci aiuta a penetrare la mente confusa, trovando chiarezza e consapevolezza.

Dona visione e immaginazione, dando forma, voce ed espressione alle nostre idee. Saraswati è la dea che rappresenta la forza catartica che emerge dal nostro io profondo, è l’energia che ci permette di attingere alle più sottili capacità di comprensione e conseguentemente di azione. Quando le parole fluiscono, le idee e i progetti emergono numerosi, ecco che stiamo sperimentando in pieno le qualità della dea Saraswati».

Jores: «Uno dei miti collegati alla creazione, narrato nei Purana, racconta che l’Universo e la realtà hanno origine da un oceano cosmico su cui Vishnu giace dormiente sorretto da Ananta, il serpente dalle infinite spire. All’interno del Dio che sogna è racchiuso il Cosmo in tutta la sua potenzialità, come accade ad un bimbo non ancora nato nel ventre della madre. Nonostante fuori non esistano che tenebre e acque senza fine, nella mente di Vishnu dormiente si trova l’idea di ciò che sarà al suo risveglio.

Dal suo corpo, per la precisione dal suo ombelico, Vishnu fa spuntare un loto, con mille petali d’oro puro, radioso come il sole, e assieme al loto produce Brahma, seduto nel centro del fiore, che brilla dell’energia della creazione che da esso scaturisce. Il Cosmo nato così dal sogno divino di Vishnu e dal potere creativo di Brahma attraversa diverse ere, chiamate yuga, durante le quali si evolve, muta e si sviluppa e, arrivato alla fine, inizia a decadere arrivando al punto in cui la realtà, per come la percepiamo, si dissolve e viene riassorbita dallo stesso Vishnu, in quell’Oceano cosmico da cui tutto ha avuto origine.

Il mito racconta che la storia dell’Universo dura un giorno di Brahma cioè 4.320.000.000 di anni. L’oceano che ha generato la vita torna a riassorbirla esattamente come fa il mare con le onde, ma proprio come accade al flusso delle maree, una volta che un’onda scompare se ne crea una nuova e dopo la scomparsa di un Universo un altro è già pronto per sorgere».

Lo yoga come può aiutarci ad accettare questo flusso – creazione, mantenimento trasformazione – della vita, che per alcune persone può essere difficile da affrontare, perché è frutto dell’impermanenza?

Paola: «La pratica sul tappetino yoga è la rappresentazione per eccellenza di questo flusso. Nell’ultimo anno, ci siamo tutti imbattuti in questo concetto molto radicato nella filosofia indiana, così come nella medicina tradizionale cinese a cui lo Yin yoga si ispira: l’impermanenza. La continua evoluzione della realtà, istante dopo istante, giorno dopo giorno.

Vedo le stesse forze in atto anche nella pratica. Quando entriamo in una posizione, abbracciamo l’energia creativa che dà origine all’asana. Nella fase “statica” della posizione,  in cui siamo concentrati a mantenere la posizione stabile (sthira sukham asanam), abbracciamo l’energia del mantenimento e infine viviamo la trasformazione quando usciamo dalla posizione per entrare in quella successiva.

Vedo anche queste forze in azione nell’arco della pratica: in una prima fase in cui il corpo inizia a muoversi, magari dopo essere stato immobile tutto il giorno, o al mattino dopo il sonno.
Il corpo si risveglia e l’energia ricomincia a fluire. Nella fase centrale della pratica, il corpo è caldo, la mente è concentrata, il ritmo del cuore e del respiro magari accelerano e l’energia continua a fluire. Verso la fine della pratica, il ritmo delle posizioni rallenta e si cominciano ad assaporare i frutti della pratica: il corpo si percepisce più aperto e la mente più chiara e libera.

La pratica si chiude poi con la posizione di Savasana in cui si rilasciano le eventuali tensioni, abbandonandosi completamente alla posizione. Questa posizione segna la fine della pratica, ma anche il passaggio e il ritorno del corpo al movimento, preparandoci ad approcciare la realtà circostante con una mente più serena e stabile».

Jores: «Lo yoga e la sua pratica ci permettono di immergerci nella concezione del tempo che secondo la tradizione indiana è ciclica. Questo genera un approccio completamente diverso all’esistenza rispetto a quello occidentale. Noi interpretiamo la storia del mondo come una biografia concentrandoci su ciò che è unico e non replicabile per metterne in rilievo il senso e la direzione, che sono sempre volti al raggiungimento di un fine. Nel pensiero indiano la storia dell’Universo racconta cicli di creazione, evoluzione e dissoluzione che rispecchiano i processi biologici. Si tratta di una coscienza del tempo molto più vasta di quella occidentale, che supera i confini della storia umana, non si concentra sui secoli ma sulle ere, esattamente come la Natura.

In questi eoni paragonabili ai tempi, per noi anche solo difficili da immaginare, dell’astronomia e della paleontologia, si ragiona sull’infinità dello spazio e del tempo, si considera la storia della specie umana attraverso infiniti universi possibili, e non la vita di un io effimero che dura il tempo di un battito di ciglia. In questo mondo si percepisce chiaramente la nostra piccolezza e le necessità di ridimensionare le situazioni in cui ci troviamo.

L’impermanenza di tutto ciò che riguarda la vita umana ci insegna due cose fondamentali che sono l’eredità più bella che questi miti ci trasmettono.

Il primo dono è la possibilità di riconoscere il divino che muove il Tempo e che abita in ognuno di noi, come una scintilla che attraversa tutte le fasi dell’esistenza senza restarne intaccata e ciclo dopo ciclo perdura eterna oltre il tempo della nostra vita.

Il secondo regalo è il suggerimento di interpretare questa transitorietà come un aiuto per superare i momenti difficili: esattamente come tutte le altre cose, i periodi bui, sono destinati ad arrivare a una fine. Può apparire una considerazione banale che però ci permette di ridimensionarli e inserirli in un quadro più ampio e pieno di speranza».

Nel retreat proponete varie pratiche, legate a vari stili, come il Restorative Yoga, SlowFlow, ecc. Come queste pratiche ci aiutano a capire le energie dell’esistenza?

Paola: «Nel ritiro di Luglio abbiamo deciso di affiancare la pratica di Vinyasa Yoga con pratiche più rilassanti e complementari di Yin Yoga e Restorative Yoga. In modalità simili ma leggermente diverse, entrambe le pratiche ci permettono di comprendere queste energie. Essendo lo Yin Yoga una mia specializzazione, vedo molto un corrispettivo nella pratica di questo flusso di energie. La pratica dello Yin Yoga è costituita da poche posizioni, mantenute per qualche minuto (tipicamente 3/4 minuti a posizione), grazie al sostegno di props (supporti, N. d.R.) come cuscini, coperte e blocchi.

Questo permette al corpo di lasciarsi andare e alla posizione di lavorare in profondità sulla fascia. All’interno di una singola posizione, attraversiamo tutte le fasi della posizione: ingresso; mantenimento il più possibile statico della posizione, lavorando sull’immobilità e sul respiro; e l’uscita dalla posizione. Sono molte le sensazioni che si sperimentano nell’arco della posizione, in cui si percepiscono sensazioni fisiche sorgere ed emergere quando ci sistemiamo nella posizione e il perdurare di queste sensazioni nei primi momenti della posizione.

Con il passare del tempo, però, le sensazioni cominciano a muoversi nel corpo, a diventare meno intense man mano che il corpo si apre e si crea spazio dove prima c’era tensione. Al momento di uscire dalla posizione, cessano le sensazioni precedenti, ma si sperimentano le sensazioni associate al ritrovamento di un nuovo equilibrio da parte del corpo, in una sorta di fine che rappresenta un nuovo inizio».

Jores: «Lo spazio del tappetino durante una lezione di yoga è perfetto per riflettere su queste energie. Nelle pratiche di Hata flow in particolare si procede con gradualità, per accompagnare il corpo da una fase “embrionale”, in cui tutte le posizioni che eseguiremo, sono già dentro di noi in forme potenziali racchiuse nel corpo e nella mente, a una fase di espressione in cui gli asana, vengono alla luce e si concretizzano grazie al movimento e al respiro che lo guida. Poco alla volta le sequenze ci permettono di creare forme sempre più complesse e di animarle con il nostro tocco personale, il nostro Prana, che le rende vive e uniche.

Ogni volta che eseguiamo una posizione, penso ad esempio alla serie dei saluti al sole, immancabili in ogni lezione di yoga, ripetiamo un ciclo, con un inizio, una fase di sviluppo e una chiusura, ma ogni volta questo ciclo non sarà mai identico a sé stesso. Ancora una volta, lo yoga ci ricorda l’impermanenza. La stessa impermanenza che caratterizza le nostre vite fuori dal tappetino, in cui ogni giorno ci porta nuove sfide e ci chiede adattamenti e risposte differenti. Al termine della lezione poi è immancabile Savasana, letteralmente la posizione del cadavere, che ha un‘accezione estremamente positiva, al contrario di ciò che potremmo pensare. Rappresenta infatti una morte simbolica, che ogni volta che scegliamo di srotolare il tappetino, ci dà la possibilità di lasciare andare qualcosa per rinascere come individui nuovi».


Se vuoi approfondire ulteriormente questi temi
partecipa alla alla diretta Instagram
dedicata alle Energie dell’esistenza


Martedì 8 giugno alle 21.00

 

Nel corso dell’incontro online inizieremo a immergerci nei temi che affronteremo al Ritiro Yoga in Toscana, dal 2 al 4 Luglio 2021.
Parleremo delle forze di creazione, mantenimento e trasformazione, e dell’importanza che rivestono nelle nostre vite.
La consapevolezza di questi cicli può aiutarci a comprendere meglio le situazioni in cui ci troviamo e soprattutto può diventare un aiuto per gestirle.
Unisciti a noi per una chiacchierata tra mitologia, ayurveda e medicina tradizionale cinese!

Jores Facchinelli e Paola Elena Brignoli


Per iscrizioni e info scrivici:
soulevolution.yoga@gmail.com

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