La meditazione shivaita

Pratica di meditazione shivaita con lo Yoga Ratna

di Gabriella Cella

L’articolo è pubblicato sul numero 80 di Vivere lo Yoga

Aramba Mantra – Mantra di inizio: OM NAMAH SHIVAYA: sia gloria al nome di Shiva; formula mantrica che si ripete per tre volte quando si vuole iniziare una pratica che richiami forza con determinazione.

Om Namah Shivaya è il Mantra per mettersi in contatto con l’energia di Shiva, classico patrono dello Yoga, colui che si pone (come indica il suo nome) “benevolo”, ma anche colui che diviene il terribile anacoreta “Ugra” o colui che scatena fulmini e tempeste “Rudra”. Shiva è in grado di assumere 108 forme impersonando sia la forza maschile che femminile “Ardhanarishvara”. Shiva che imprigiona coi suoi capelli Ganga, la dea del grande fiume sacro, Shiva il re della danza “Nataraja” che si muove nella Tandava per rappresentare la distruzione del mondo materiale e al contempo la sua ricostruzione, attraverso sinuosi gesti del corpo ed in particolare delle mani e degli occhi. In questa danza si attiva l’Ajna Chakra, l’occhio della mente posto sulla fronte che permette la totale visione luminosa.

Shiva offre la possibilità ai suoi devoti di poter vivere ogni aspetto dell’universo, portandoli alla percezione che ogni uomo e ogni donna ha già in sé stesso/a tutto ciò che solo in apparenza è al di fuori dell’essere umano. Questo traguardo è possibile proprio nella penultima fase del cammino yogico: la meditazione. “Samadi”, la supercoscienza, la realizzazione finale che porta alla fusione dell’essere umano con il divino, la lasciamo almeno per ora ai grandi saggi della storia.

Preparativi per la pratica

meditazione mala

Credo che tutti i praticanti dello yoga conoscano la Mala, la collana di Shiva dai 108 grani. Il mio consiglio iniziale, inerente a questa particolare meditazione, è quella di costruirvela da soli.

Prendete una corda lunga circa un metro (di solito funziona bene prendere la misura che va da una spalla al braccio opposto fino alla punta delle dita), fate 108 nodi intervallati da un piccolo spazio e avete costruito la vostra Mala che sgranerete nodo per nodo recitando il Mantra. Può darsi che il risultato non vi soddisfi alla prima prova; dovrete aver pazienza finché troverete la giusta misura della corda e dei nodi: pensate che questo appartiene alla sfera del Karma Yoga, lo Yoga dell’azione.

Sarete senz’altro al corrente dell’importanza delle mani riguardo lo spazio che occupano sulla corteccia cerebrale; probabilmente è anche per questo che in tutte le culture, in tutte le religioni, in tutte le tradizioni popolari esistono particolari gesti delle mani in grado di rafforzare l’energia della parola, addirittura dando significati precisi o raccontando veri e propri fatti di vita quotidiana, come ad esempio nella tradizione delle danze indiane. Volgendo lo sguardo verso la parte medica troviamo nell’Ayurveda, così come nella medicina cinese e giapponese, la descrizione di tutti i canali energetici che partono dalle dita delle mani influenzando organi e visceri, e agendo sulle loro funzioni.

Pratica

Dopo aver trovato una posizione confortevole la pratica inizia con la ripetizione del Mantra a Shiva, come abbiamo letto all’inizio, ripetuta per tre volte, ma ora in modo diverso: la prima volta il Mantra Om Namah Shivaya va cantato percependo con attenzione il movimento delle labbra, la seconda volta con le labbra che si sfiorano appena mantenendosi immobili e con il solo movimento interno della lingua, la terza volta nel totale silenzio portando il Mantra interno nella testa, dietro alla fronte, laddove è collocato il terzo occhio.

Si mantengono gli occhi appena socchiusi, dove restano solo piccole fessure di presenza che impediscono alla mente di creare immagini al di là dello spazio che occupa il proprio corpo; tale spazio viene percepito come “sacro”, così come ci hanno insegnato grandi saggi. “Ogni spazio è sacro dal momento che viene dichiarato tale”(Mircea Eliade).

Con gli occhi della mente osserviamo il profilo luminoso del corpo: dal punto vertice del capo alle orecchie, alle spalle, alle braccia alle mani che contengono la Mala, al busto, al bacino, alle gambe e ai piedi. Attraverso il respiro lento, leggero e profondo, ogni volta, ad ogni soffio, la luce che contorna il corpo si espande all’interno e all’esterno. Restiamo in questa presenza osservando la sensazione che affiora sull’abito che ci contiene, sulla pelle e poi dentro al corpo a colmare ogni spazio vuoto. Poi l’attenzione si rivolge al respiro che diviene spontaneo, finché prende un ritmo calmo e regolare.

Il Mantra a Shiva è il più breve e il più veloce di ogni altro Mantra. Va eseguito con la “respirazione circolare”: il suono corposo e caldo che esce dalla bocca nel canto va inviato su alle narici e non spinto in avanti o in basso, in modo che non si sprechi minimamente energia; l’inspiro è più lineare ed anche veloce; avvertiremo una immediata sensazione di fresco alla radice del naso che sale fino alla testa.

Con questo tipo di respirazione appena descritto, tenendo le mani davanti all’ombelico si sgranano i nodi della Mala per la ripetizione di 108 volte.

Non dimentichiamo che se vogliamo intraprendere il percorso yogico della meditazione per ottenere un buon risultato è importante che la pratica sia continuativa ed eseguita possibilmente alla stessa ora. Se avvertiamo la necessità di liberare la mente e ritrovare equilibrio in un particolare momento, nulla ci vieta di recitare il Mantra interiore in qualsiasi luogo e tempo.

Se eseguiamo una serie di Asana, riserviamo la meditazione ripetendo il Mantra a complemento finale della pratica.

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