Mindfulness, vivere in piena consapevolezza

In una società postmoderna spesso frenetica – nel lavoro, negli spostamenti, nei vari impegni quotidiani – si rischia di perdere la bussola. Si rischia di dimenticare ideali e sani principi, affogando negatività e stress nell’apatia, o nel cibo, o peggio ancora nell’alcool e in altre sostanze deleterie che alterano solo l’equilibrio psico-fisico. Talvolta può accadere che la mente possa sfuggire come un aquilone che si libra senza seguire una direzione precisa. Questa confusione mentale che nasce dai ritmi esistenziali troppo veloci, o da situazioni/circostanze negative, altera la percezione di se stessi, della realtà, di ciò che accade nel mondo circostante. Quando si manifestano agitazione, inquietudine, non si ha la possibilità di vivere nel tempo presente, di assaporare pienamente il qui e ora. Gli eventi ci scivolano addosso senza una piena, totale partecipazione ad essi. Il miglior modo di ritornare sui nostri passi senza rimanere sommersi dalla confusione è fermarsi, prendere un po’ di tempo per se stessi, per calmare la mente e meditare…

Come insegnano le millenarie filosofie orientali, la meditazione è per eccellenza la pratica che aiuta a stare bene, perché rilassa il corpo, riduce lo stress e rende la mente tranquilla. Ma c’è di più. Chi va oltre le cose tangibili, sa che la pratica della meditazione permette di scoprire il proprio vero sé, e di accedere a stati spirituali altrimenti non sperimentabili. È proprio sulla meditazione che si fonda la Mindfulness, ovvero, come ci ha spiegato la dott.ssa Selene Calloni Williams «si tratta di un cammino di consapevolezza che migliora le condizioni di benessere interiore trasmutando emozioni di tristezza, rabbia, paura». Psicologa, insegnante di Nada yoga e yoga sciamanico, Selene Calloni Williams ha studiato meditazione presso gli eremi Theravada dello Sri Lanka, oltre che della Birmania e da oltre 30 anni pratica e diffonde la Mindfulness, concetto il cui significato letterale è “pienezza mentale”.

In Occidente e anche in Italia si iniziano a diffondere seminari in vari ambiti che si collegano più o meno direttamente alla Mindfulness. Troviamo corsi di psicologia che spiegano come affrontare malattie attraverso questo cammino, oppure incontri di buddhismo con insegnanti laici molto preparati che affrontano il vasto e complesso tema dell’addestramento della mente. Troviamo però anche coloro che speculano sulla pratica della Mindfulness facendo credere ai non esperti che si tratta di un metodo esclusivo da loro inventato. Assurdo, così non può essere, proprio perché la Mindfulness affonda le sue radici in Oriente, come ci chiarisce Selene Calloni Williams, la quale, appena ventenne, trascorse sei anni tra gli eremitaggi buddhisti delle foreste e la prestigiosa Oriental Yoga Academy di Colombo, nell’isola di Sri Lanka.

Alle fonti della Mindfulness

«La Mindfulness si basa sulla tradizione del buddhismo Theravada, corrente che è particolarmente diffusa in Sri Lanka, Birmania, Tailandia, Laos. Nel buddhismo Theravada sono conosciute straordinarie tecniche di meditazione come le meditazione sul respiro (chiamata “anapanasati”), la contemplazione del corpo, l’attenzione alle sensazioni del corpo, la visualizzazione del corpo dall’interno, la contemplazione delle emozioni, la contemplazione della mente, la meditazione camminata, la contemplazione dello scheletro (simbolo dell’impermanenza e del non attaccamento). Accanto alla pratica della meditazione propriamente detta, nel buddhismo Theravada ha grande importanza il “Satipatthana”, la via della piena attenzione e consapevolezza. Il “Satipatthana” consiste nell’essere sempre presenti a ciò che accade nel momento in cui accade. A tal fine si possono usare semplici affermazioni da ripetersi come mantra, per mantenere la mente focalizzata sul momento presente impedendole di lasciarsi prendere dall’agitazione e dall’ansia. Per esempio, se sto guidando l’auto ripeterò a me stesso “So che sto guidando, so che sto guidando…”. Se sto mangiando ripeterò “So che sto mangiando…” e così via, a seconda della situazione in cui ci troviamo».

Nelle filosofie e discipline orientali, dunque, si parla più propriamente di meditazione e non tanto di Mindfulness, che è una parola molto più diffusa in Occidente, soprattutto legata al campo della psicologia. Infatti, spiega ancora la dott.ssa Calloni Williams: «Quando la pratica della meditazione denota un chiaro intento psicologico, essendo applicata al fine di “guarire” emozioni negative, migliorare le proprie capacità di visione, volontà, equilibrio, allora viene designata in Occidente come Mindfulness. La meditazione unita alle neuroscienze e alla psicologia applicata si rivela quindi uno strumento per lo sviluppo e la realizzazione del potenziale umano».

Effetti della Mindfulness spiegati dalla psicologa Selene Calloni Williams

La Mindfulness è “un ritorno a casa”, è un rivolgere lo sguardo all’interno. Oltre all’Attenzione Cosciente, alla Disidentificazione e alla Trasvalutazione, la meditazione agevola il “disvelamento della missione dell’anima”. Si tratta di uno dei processi più importanti che interviene nel consolidare la remissione dagli stati depressivi. Consente di depersonalizzare gli eventi e di comprendere la propria appartenenza a un “dramma cosmico” che è puro potere creativo.

In sintesi:

  • il processo di decentramento aiuta a liberarsi dall’idea che il proprio Io, il quale è un principio illusorio, possa essere artefice della realtà e quindi responsabile degli eventi, capace di influenzarli. Il decentramento è di aiuto nel superare le situazioni di “presenza pesante” della mente che rimugina;
  • con la meditazione si apprende ad andare al di là del bene e del male, oltre le rigide categorie mentali e ad amare più che a giudicare;
  • si apprende anche ad avere fiducia nella vita, negli altri e in se stessi;
  • trasvalutare significa recuperare la purezza originaria di ogni cosa e concepire ogni emozione come pura energia;
  • la meditazione ci avvicina alla comprensione della missione dell’anima, perché la nostra anima è emersa in modo nitido.

L’articolo completo di Silvia C. Turrin è pubblicato sul n. 51 di Vivere lo Yoga

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