Negli ashram indiani è comune vedere i meditanti con in mano il japa mala. Questa parola significa collana o anche ghirlanda e può essere paragonata al rosario tipico del culto cristiano. Il japa mala indiano è formato da 108 piccoli grani (o perline), cui se ne aggiunge uno più grande che simbolicamente rappresenta uno stupa. L’uso di questa collana da meditazione è antichissimo ed è comune all’induismo e al buddhismo. Chiamato anche braccialetto tibetano, il japa mala (braccialetto da meditazione) permette al meditante di rimanere focalizzato sulla sequenza dei mantra che sta cantando. Non a caso, japa significa “ripetizione sussurrata” e mala “ghirlanda”. Secondo la tradizione esoterica orientale il numero 108 è portatore di buoni auspici ed è altamente evocativo. Anche l’antica scrittura delle Upanishad è composta da 108 testi.

Il japa mala permette di ripetere a intervalli regolari il mantra prescelto. Tra quelli più noti vi sono Om Namah Shivaya, e So ’Ham. Il mantra viene recitato a ogni grano, sino a che si giunge all’ultima perlina del japa mala. Recitare 108 volte il mantra significa liberarsi dalle impurità e dall’ego. Il japa mala è realizzato con legni profumati e preziosi, come quello di sandalo o di rosa. Considerati di miglior auspicio sono i mala formati coi semi dell’albero Rudraksha (Elaeocarpus ganitrus). Tale specie arborea si ritiene abbia proprietà medicinali e mistiche.

Secondo Swami Vishnudevananda, il japa mala aiuta a essere vigili e agisce da punto focale per l’energia fisica. Mentre si ripete il mantra prescelto si può portare l’attenzione all’ajna chakra, tra le sopracciglia, o sul chakra del cuore, l’anahata. La ripetizione del mantra aiuta a sviluppare concentrazione e a risvegliare la dimensione spirituale della pratica. Si può ripetere il mantra ad alta voce (vaikhari japa) o mentalmente (manasika japa). Attraverso il japa mala è possibile coltivare attenzione cosciente sentendosi uniti al potere divino.