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Brahmacharya, lo Yama dell’autodisciplina

Brahmacharya yoga

Brahmacharya è il quinto e ultimo Yama che andiamo a scoprire. Dopo aver approfondito Ahimsa (non violenza), Satya (sincerità), Asteya (non rubare) e Aparigraha (rinuncia), vediamo cosa si intende per Brahmacharya.

Spesso reso in italiano con il termine “castità”, questa forma di autodisciplina fa parte del primo stadio dell’ottuplice sentiero dello yoga. Spiegato da Patanjali negli Yoga Sutra, tale sentiero, composto da otto stadi, conduce alla piena consapevolezza. Gli Yama, insieme ai Niyama, rappresentano i principi base per un retto vivere.

Come affermato da B. K. S. Iyengar:

“Seguire tale cammino aiuta a evitare le sofferenze dormienti e nascoste che possono sorgere quando la salute fisica, l’energia e la calma mentale sono disturbate. Ne consegue che l’ottuplice sentiero dello yoga è adatto sia a chi è in buona salute, sia a chi non lo è, perché permette a tutti di sviluppare il potere di contrastare le malattie fisiche e mentali”.

Essere moderati nelle proprie azioni significa seguire la disciplina, nonché i principi legati allo Yama chiamato Brahmacharya.

Nel Sutra 2.38 leggiamo: brahmacharya pratisthayam virya labhah

Questo Sutra significa che:

Quando il sadhaka è fermamente stabilito nella continenza, la conoscenza, il vigore, il valore e l’energia fluiscono verso di lui.

In altre parole, lo yogi che conserva la propria energia sviluppa una maggiore forza e vitalità.

Questo Yama ci invita dunque a conservare la nostra energia, il nostro prana. Per far ciò, occorre sviluppare una certa auto-disciplina, grazie alla quale possiamo evitare di cadere negli eccessi.

Tali eccessi si possono manifestare in vari ambiti: dal cibo al lavoro, al sesso.

Se mangiamo troppo, se lavoriamo per molte ore mettendo in secondo piano la famiglia e la sfera personale, se sviluppiamo dipendenza da una certa attività o se eccediamo con il sesso non facciamo altro che disperdere le nostre energie. Rischiamo di creare forme di dipendenza che ci impediscono di assaporare la vera bellezza della vita.

Quando ci si riferisce al concetto di castità, parlando di Brahmacharya, ci si collega al pensiero yogico secondo cui la fonte d’energia più potente è l’energia sessuale. Anche in questo caso, per uno yogi che non vuole abbracciare un sentiero altamente spirituale, rinunciando a tutto, applicare lo Yama della Brahmacharya non significa condurre una vita di castità. Occorre appunto non eccedere e non cadere nelle trasgressioni, seguendo solo e semplicemente i propri sensi. Basti ricordare grandi maestri di yoga – come B. K. S. Iyengar – che, pur avendo creato una famiglia, hanno seguito comunque i dettami dell’ottuplice sentiero.

Per potenziare autodisciplina possiamo iniziare meditando ogni giorno, con regolarità. La meditazione sul respiro è una buona pratica, che ci aiuta a calmare la mente e ad addentrarci nella nostra dimensione più profonda.

Altrettanto indicata è la sequenza del Saluto al Sole, da praticare quotidianamente, meglio all’alba, o comunque al mattino presto, in modo da assorbire la forza del prana.

Da praticare regolarmente anche le tre posizioni di Virabhadrasana, in quanto infondono forza e determinazione (per approfondire vedi l’articolo “Equilibrio e coordinazione con Virabhadrasana, la posizione del guerriero“).

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