La parola satsang in sanscrito significa “in compagnia della verità”. È anche traducibile con l’espressione “in compagnia di saggi o di maestri”. Esso rappresenta uno dei pilastri, talvolta sottovalutato o dimenticato, del cammino meditativo. Satsang presuppone non soltanto meditare in un gruppo supportati dalla guida di un Maestro, ma vuol dire anche ascoltare in presenza mentale le parole del Maestro. È un momento molto importante per la pratica, in quanto vengono condivise le esperienze interiori tra insegnante e meditanti.
Il satsang crea un’atmosfera spirituale raccolta e una profonda pace interiore. Tutti coloro che vi partecipano sono profondamente concentrati. Grazie alla pratica del satsang l’esperienza della meditazione risulta molto più intensa, si crea un cerchio di condivisione. In genere, il satsang è strutturato in una prima fase, della durata di mezz’ora, in cui si pratica la meditazione silenziosa. Seguono canti meditativi (mantra) e una discussione improntata sulla filosofia e sulla psicologia dello Yoga. Nella tradizione dello yoga indiano, l’insegnamento orale rappresenta uno dei fondamenti della Via, in quanto i novizi possono essere guidati verso il Risveglio grazie alle parole e al sostegno del Maestro.
Il satsang si rivela fondamentale non soltanto da un punto di vista yogico, ma anche relazionale e psicologico. Praticandolo si impara l’arte di ascoltare. Un’arte di cui aveva già ampiamente trattato a suo tempo Erich Fromm. Anche i moderni esperti di comunicazione e i terapeuti che lavorano nel campo dello sviluppo personale sottolineano l’importanza dell’ascolto. Imparare ad ascoltare permette di comprendere e gestire i conflitti, e in molti casi, aiuta a prendere le decisioni migliori per se stessi o per gli altri. Quindi il satsang favorisce non soltanto una conoscenza più profonda dei segreti dell’attenzione cosciente, e dei principi e delle tecniche della pratica meditativa, ma consente altresì di potenziare i rapporti interpersonali, rendendoli più sani e costruttivi.