Dr.ssa Linda Degli Esposti, e Dr.ssa Simonetta Migliorini (psicologhe psicoterapeute)
“Sono sfortunata in amore!”
“I balordi capitano tutti a me?”
“Ho la calamita per i disgraziati!”
“Mi innamoro sempre della persona sbagliata!”
Questi pensieri comuni nascono da un senso d’insoddisfazione legato a relazioni d’amore che abbiamo o che abbiamo avuto. Sono domande molto umane e comprensibili ma sono alquanto sterili. Se sentiamo di avere una vita affettiva non soddisfacente, questo modo di vedere noi stessi non ci aiuta minimamente a migliorare la situazione, anzi ci affonda sempre più nei nostri problemi. Come Galileo Galilei dobbiamo provare a cambiare il punto di osservazione. Se pensassimo che siamo noi a costruirci le nostre relazioni in un determinato modo? A scegliere più o meno consciamente determinate persone?
Il gioco dell’amore
Durante l’adolescenza s’iniziano a sperimentare relazioni d’amore. La maggior parte fallisce, ma durante questi esperimenti si impara molto su di sé e sul proprio modo di avvicinarsi agli altri, sulla sostanza e sull’apparenza delle cose, su come discernere e sui rischi di confondere. Il ragazzo galante sarà davvero devoto alla sua ragazza? La gelosia è davvero un segno di impegno e interesse o un avvertimento della violenza che verrà? Il ragazzo pacifico è davvero distratto? Si può contare su di lui perché mantenga quel che promette? E la ragazza amorevole? Sarà realmente devota o è in realtà arrabbiata e affettivamente instabile? La promiscuità è un segno di facile intimità oppure di isolamento e paura, anche in condizioni di vicinanza fisica? In adolescenza dobbiamo imparare a discriminare le informazioni predittive vere dalle informazioni troppo belle per essere vere. In effetti, come hanno scoperto i comparatori astuti e i biologi evoluzionisti, meno si ha da offrire più si deve promettere. Tutto ciò è complicato e molti di noi non sono in grado di gestire le risposte neppure da adulti.
Questo capita perché, le prime relazioni che abbiamo sperimentato costituiscono la base su cui costruiamo le relazioni nella vita adulta, dentro le quali giochiamo sempre, più o meno, gli stessi ruoli, perché è ciò che abbiamo imparato a fare.
L’attaccamento è la chiave di volta
- Bowlby è partito dall’osservazione per formulare la sua teoria: l’attaccamento è la propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore, impotenza o malattia. Nell’infanzia il bisogno di cure è vitale per i bambini come per tutti i cuccioli di mammifero.
Gli stili di attaccamento individuati da Bowlby sono 4, ma noi per semplicità ne citeremo solo 3, dato che il quarto riguarda persone affette da gravi disturbi psichici:
Sicuro. Il bambino ha trovato genitori che hanno risposto abbastanza adeguatamente alle sue esigenze ed è riuscito a farsi un’idea di sé come persona in grado ricevere le cure di cui ha bisogno e di darne altrettante. Sarà meno difficile per lui, in età adulta, esprimere emozioni, desideri e bisogni e accogliere le eventuali richieste di un altro.
Evitante. Il bambino si è trovato ad interagire con genitori che tendevano a rispondere poco o nulla alle sue richieste ed esigenze. Ha dunque costruito un insieme di aspettative di rifiuto rispetto alle proprie esigenze di attaccamento e ha imparato a reprimerle. Questo bambino svilupperà un’idea di sé che manterrà da adulto come “non degno di amore” e degli altri come “non degni di fiducia”. Ciò lo porterà a improntare la propria vita sul desiderio di conquista di un’autonomia e autosufficienza personale che escludano, in caso di necessità, il ricorso agli altri, e anche quando ricercherà eventualmente aiuto lo farà in maniera aggressiva o evitante, oppure, per il timore di essere nuovamente respinto, in maniera tanto goffa, indiretta e sussurrata da non essere comprensibile all’altro. Ne conseguirà, con ogni probabilità una risposta distratta o un seccato rifiuto che confermerà le aspettative di partenza. Sarà inoltre impegnato a celare i propri desideri e preferenze.
Ambivalente. Il bambino si è trovato ad interagire con genitori che davano risposte imprevedibili e incostanti alle sue richieste di cura. Il bambino farà di tutto per cercare di ricevere le cure di cui ha bisogno, diventerà un piccolo circense che metterà in campo tutta una serie di modalità relazionali (seduzione, coercizione con pianti, oppositività e rifiuto) altrettanto imprevedibili e apparentemente bizzarri. Il clima famigliare sarà governato dalla confusione e nessuno riuscirà a rispondere “adeguatamente” alle richieste dell’altro. Da adulto non avrà la capacità di aspettarsi un comportamento “prevedibile” dall’altro e vivrà in un costante senso di incertezza e allerta. Le relazioni che tenterà di costruire avranno aspetti di ossessività e controllo (gelosia, puntigliosità, pignoleria), potranno essere abbastanza chiuse e tendenti all’esclusività, tutto questo per tenere a bada l’ansia che deriva dal non sentire di avere una mappa.
Ovviamente nessuno di noi rientra perfettamente in una sola di queste categorie, ma ciascuno avrà emozioni, comportamenti e pensieri riguardo alle relazioni che lo avvicinano di più all’una o all’altra. Come al solito è un gioco di incastri tra ciò che abbiamo di innato e le esperienze che abbiamo fatto nella nostra vita affettiva. Va poi considerato che le figure di attaccamento sono diverse per un bambino: una primaria (di solito la mamma), una secondaria (di solito il papà) e tre o quattro significative (fratelli maggiori, zii e nonni).
C’è quindi una vasta gamma di stili relazionali a cui attingere!
Da adulti, le persone con cui si estrinsecano i nostri stili relazionali, sono le più care:
il partner, i figli e una limitatissima cerchia di amicizie molto strette.
A tutto ciò vanno aggiunti due aspetti che la teoria dell’attaccamento non tiene in considerazione e che vanno a complicare ulteriormente il quadro: la fondamentale scoperta della sessualità in adolescenza e la naturale tendenza a idealizzare il partner nella fase dell’innamoramento.
A livello emotivo, strettamente legata allo sviluppo della sessualità c’è l’esplosione di nuove emozioni che scuotono l’adolescente che affronta una situazione di cambiamento e di evoluzione su tutti i fronti; si trasforma il modo di stare con gli amici, di vivere le relazioni dentro e fuori dalla famiglia e, soprattutto, si scopre l’esistenza dell’altra metà del mondo. Comincia il desiderio, ancora timoroso ma intenso, della sessualità. Piacere, diventare oggetto di attenzione sessuale, essere amati, incidono sulla legittimazione della propria identità. Ma desiderio e attrazione non sono che una parte di un processo completamente nuovo e sconvolgente: l’innamoramento.
Un sentimento che esige esclusività, permette di sperimentare una gamma di emozioni sconosciute quanto intense. Incredibilmente positive, quando l’amato corrisponde l’amore, infinitamente negative quando l’altro non risponde alle richieste o alle aspettative di reciprocità…
Questo è un altro passo determinante nel nostro sviluppo emotivo e avrà inevitabili ripercussioni su come vivremo la sessualità e l’affettività da adulti. Per quello che riguarda la fase dell’innamoramento, difficilmente questa è fonte di problemi, perché è così un po’ per tutti. Gli eventuali problemi ci possono essere quando questa “mitica” fase si esaurisce e gli esiti non sono piacevoli, soprattutto per chi fatica a divincolarsi da una relazione che non lo soddisfa.nSe leggendo queste brevi note ci siamo resi conto che qualche cosa non funziona nella nostra vita affettiva, potrebbe aiutarci scrivere la storia delle relazioni passate, magari rispondendo, per ciascuna, a qualche domanda:
- Cosa ti ha attratto dell’altro?
- Ti sei lasciato corteggiare o hai corteggiato?
- Cosa pensi che di te abbia attratto l’altro?
- Quali sono state le emozioni più rilevanti e/o più frequenti nel corso della relazione?
- Chi ha lasciato l’altro e in che modo?
Una volta affrontato questo compito avremo un numero cospicuo di informazioni su cui riflettere in maniera costruttiva trovando modalità alternative nel costruire rapporti intimi. Se gli angoli da smussare sono piccoli, possiamo farcela anche da soli ma se i problemi sono più profondi sarà bene avvalersi dell’aiuto di un professionista perché la vita, è bene ricordarlo, è una sola.