Per Natale diffondiamo gentilezza amorevole

Talvolta, i ritmi serrati dei giorni lavorativi ci “seguono” persino durante le feste natalizie. Vari impegni – tra regali o preparativi per pranzi e cene – creano ansia e agitazione. Invece di vivere serenamente, si rischia di essere più nervosi e irritabili. Questo è un periodo ideale per fermarsi e per praticare la meditazione sulla gentilezza amorevole. Si tratta di una pratica contemplativa adatta a tutti. Sebbene le sue radici derivino dalla tradizione buddhista, la seguente descrizione ha una struttura laica, neutra. Lo stesso Dalai Lama ha affermato: “La mia religione è molto semplice; la mia religione è la gentilezza”.

Essere gentili non significa avere un atteggiamento di sudditanza verso gli altri o essere deboli, bensì vuol dire sia esprimere gesti positivi, sia creare condizioni favorevoli affinché si sviluppi l’armonia tra le persone. La gentilezza, attraverso un insieme di parole e di atti, infonde serenità e gioia. A beneficiarne non è soltanto colei/colui che la pratica. Sciogliendo incomprensioni e trasformando emozioni negative si attiva una maggiore consapevolezza e una profonda empatia verso se stessi e verso gli altri; a loro volta, “gli altri” percepiscono un cambiamento tale da modificare positivamente le interrelazioni.

La meditazione sulla gentilezza amorevole

Questa pratica è ispirata alla meditazione proposta e diffusa da Sharon Salzberg, insegnante di meditazione da oltre trent’anni, nonché co-fondatrice dell’Insight Meditation Society a Barre, (Massachusetts).

Prima fase

Si assume la postura meditativa assisa. In alternativa, se lo si preferisce, si può rimanere in Savasana. Si porta l’attenzione al respiro naturale, senza sforzo. Si rimane consapevoli del proprio inspiro ed espiro, poi si prende coscienza del proprio corpo, delle proprie emozioni e sensazioni. Si porta l’attenzione a se stessi senza alcun giudizio, guardandosi con gentilezza. Mentalmente si pronuncia questa frase: “ Che io possa essere serena/sereno”. Mentre si respira si percepisce la serenità che si trasforma in gentilezza amorevole verso se stessi.

Seconda fase

Dopo un ciclo di almeno dieci respiri consapevoli si passa alla seconda fase, portando l’attenzione a una persona specifica, un familiare, un amico/a. Osservando con gli occhi della mente questa persona, si medita indirizzandole un sentimento di gentilezza amorevole e un auspicio di felicità. Si pronuncia mentalmente questa frase: “Che tu possa essere sereno/serena”. Attraverso il respiro si trasmette gentilezza amorevole verso la persona visualizzata durante la meditazione.

Terza fase

In seguito, sentimenti di gentilezza amorevole vengono rivolti a un estraneo, una persona per così dire “neutra”, che si conosce di vista ma verso cui non si provano sentimenti né positivi, né negativi. Si pronuncia mentalmente questa frase: “Che tu possa essere sereno/serena”.

Quarta fase

Infine, sentimenti di gentilezza amorevole vengono rivolti a una persona che si considera “difficile”, verso la quale si provano generalmente emozioni negative. Portando l’attenzione su questa persona si inizia a cogliere un suo lato positivo; poi si immaginano le interrelazioni che tale persona ha con gli amici, con i suoi familiari. Con calma la si osserva con obiettività, cercando di sviluppare una maggiore equanimità verso di lei. Visualizzando questa persona con cui si ha un rapporto difficile, conflittuale, si pronuncia mentalmente questa frase: “Che tu possa essere sereno/serena”.

Quinta fase

In questa fase, si può espandere lo sguardo a più persone, nutrendo sentimenti di gentilezza amorevole all’intera umanità. È un sentimento di gentilezza incondizionato, disinteressato.

Questa pratica permette di stimolare l’Anahata Chakra.

Si rafforza l’amore sia verso se stessi, sia verso gli altri, abbracciando una visione equanime.

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