Meditazione e consapevolezza per ritrovarsi con la Madre Terra

La pandemia ci ha permesso di comprendere l’importanza della natura, considerata ormai come un rifugio dove potersi allontanare dagli assembramenti e dai pericoli dei contagi. Grazie al contatto con la natura possiamo ritrovare una maggiore calma, possiamo ri-connetterci con il nostro mondo interiore, lasciando andare paure, ansie, preoccupazioni. Allo stesso tempo, siamo sempre più consapevoli che la Natura è minacciata proprio dall’azione dell’uomo. Bisogna sviluppare una maggiore consapevolezza verso la Madre Terra al fine di proteggerla. E per far ciò occorre guardare dentro se stessi per capire il nostro profondo e atavico legame con essa. Di queste tematiche ne abbiamo parlato con Danilo di Gangi, studioso delle religioni e delle culture asiatiche, nonché scrittore, appassionato di trekking. Tra le destinazioni da lui più amate vi sono il Ladakh, il Nepal, il Tibet, l’India e la Bolivia.

Nel tuo nuovo libro inviti la lettrice/ il lettore a guardare dentro se stessa/se stesso. Quanto è importante questo processo per risvegliare in ognuno una maggiore consapevolezza?

«È fondamentale. La consapevolezza si attiva a seconda della quantità di energia vibrazionale che il nostro sé riesce a trasmettere. Lavorando con impegno e cuore puro dobbiamo lasciar prevalere l’interiorità anziché ascoltare i continui influssi devianti inviati dal pensiero razionale. Solo così potremo aumentare il potenziale energetico e acquisire maggior coscienza. È importante capire che il progresso spirituale, e tutto ciò che sta al di sopra di noi, gravita su differenti livelli di consapevolezza. Agire con amore significa aprirsi al divino».

Nel libro protagonista è anche Madre Terra. Che rapporto vedi tra ecologia e pratiche meditative, tra rispetto e tutela dell’ambiente e consapevolezza?

La natura ci offre un aiuto enorme per aumentare la nostra consapevolezza. Innanzitutto, bisogna smantellare l’idea tutta occidentale di sentirci come esseri dominanti al centro dell’Universo e incominciare a ritenerci parte di un “tutto vivente”. Le pratiche meditative, indirizzate in tal senso, sono un valido aiuto. La natura è una entità sacra e come tale va intesa, quindi bisogna rivolgersi a lei con rispetto, devozione e gratitudine. Non bisogna depredarla ma conviverci in equilibrio.

Se impareremo di nuovo (perché i popoli antichi lo sapevano fare benissimo) a fonderci totalmente con gli elementi della natura, daremo vita a un processo di consapevolezza interiore che porterà l’energia del cuore a essere preponderante su tutti gli altri aspetti. Sviluppando il potere del cuore e, quindi, del sentire, diverremo più aperti, più sorridenti e più puri di animo. Non dimentichiamoci che noi apparteniamo integralmente alla vitalità del tessuto energetico di Madre Terra, così come vi appartengono ogni atomo di materia e ogni essere vegetale o animale. Dobbiamo tornare a dialogare con le sue energie e spostare la nostra attenzione dalla mente al cuore se vogliamo divenire consapevoli. Separandoci da esse, non abbiamo fatto altro che rallentare lo scorrere del nostro individuale flusso energetico, rendendolo vischioso e discostandoci sempre più dal principio generatore.

Puoi suggerire tecniche meditative e antichi rituali per il risveglio individuale e quindi collettivo?

«Certamente. I popoli andini conoscevano molte tecniche per liberare l’individuo dalle energie pesanti e per riequilibrarne i flussi. Purtroppo, i loro insegnamenti sono stati soggiogati dall’oppressione di dominazioni esterne, esattamente come è capitato ad altre tradizioni ancestrali dislocate sul nostro pianeta. Tuttavia, tali tecniche si possono recuperare e, nel mio libro “I nuovi sciamani. I figli dell’arcobaleno”, si trovano interessanti pratiche per poterlo fare, partendo da semplici esercizi di purificazione e rafforzamento del potenziale energetico, attuabili da tutti.

Tali esercitazioni hanno l’obiettivo di ampliare le capacità ricettive e di arrivare ad avere il giusto equilibrio tra mente e corpo. Inizialmente, si parte da semplici tecniche per rilassare la mente e abbandonare paure e dubbi, per ripulire il proprio campo energetico. Poi, si passa all’esecuzione di esercizi, basati sulla respirazione e sul movimento delle mani, per aumentare la forza interiore e così via, salendo di difficoltà, fino a quando si riuscirà a percepire una realtà sempre più profonda. Per fare ciò, è fondamentale che ogni gesto venga compiuto in umiltà e consapevolezza, consci di essere uno dei tanti strumenti al servizio del Tutto».

Hai viaggiato moltissimo in Asia, visitando paesi intrisi di storia, cultura e spiritualità. Hai effettuato per esempio escursioni e trekking nella zona del Kailash. Puoi descrivere l’atmosfera sacra e spirituale che hai visto o percepito?

«L’altipiano tibetano è un luogo di rara bellezza dove storia, tradizioni millenarie, religione e incredibili espressioni della grandezza della natura si sono fusi insieme. Di certo un territorio permeato di un senso di sacralità profondo e diffuso, anche in ogni sua manifestazione naturale. Uno dei suoi luoghi più sacri è rappresentato dal Kailash, una montagna situata nel punto più alto dell’altipiano, nelle estreme propaggini occidentali, meta simbolica di un rito di purificazione teso a raggiungere il cuore stesso dell’universo. E non si può rimanere immuni dallo strapotere energetico che l’intera aerea riversa intorno a sé.

I luoghi della terra hanno un’anima e raggiungere una profonda armonia tra le forze della natura e lo sviluppo spirituale è un obiettivo che ogni individuo dovrebbe prefiggersi. La natura è un’ottima ragione per assurgere alla consapevolezza del sé, per avvicinarsi all’eterno, per riattivare quelle percettibilità psichiche proprie dell’uomo che un tempo erano in costante collegamento con le energie circostanti. In questi luoghi lo si può fare. In questi luoghi si avverte una forza irresistibile che attrae così tanto, che gli stessi sensi ne rimangono storditi.

In questi luoghi l’invisibile erompe dal visibile, si dissolve e si ricongiunge in un’armonia tale da avvicinare alla sfera del divino. Si possono avvertire le presenze invisibili vibrare nell’aria, divenire quasi tangibili, risvegliare le sensibilità psichiche del nostro sé più profondo. Tutto concorre ad aumentare l’amore per l’incanto della natura, per le sue manifestazioni, per il senso di libertà e leggerezza che prorompe come una grande ondata, trasudando di sacro».

    Geyser – Bolivia
Foto: Danilo Di Gangi

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