Nella pratica della meditazione buddhista si trova spesso il termine metta, che significa “gentilezza amorevole”. La parola metta si riferisce alla benevolenza incondizionata. La meditazione sulla gentilezza amorevole è una delle pratiche più importanti nel buddhismo. I maestri tibetani sostengono che tale meditazione, se effettuata pensando a una persona verso cui abbiamo delle incomprensioni, permette di sviluppare una maggiore consapevolezza e una profonda empatia. La meditazione sulla gentilezza amorevole si compie partendo dalla postura assisa, con gli occhi chiusi.
In una delle forme più semplici, per esempio quella sviluppata da Sharon Salzberg, si inizia con la meditazione sul respiro. Dopo di che si visualizza una persona cara, a cui si vuole bene e le si invia una sorta di messaggio benaugurale. Si può pronunciare mentalmente queste parole: “Che tu possa essere felice. Che tu possa essere sereno. Che tu possa stare bene. Che tu possa essere al sicuro”. Dopo alcuni respiri di consapevolezza si visualizza una persona che non si conosce bene, di cui sappiamo poco e si rivolge anche a questa persona lo stesso messaggio benaugurale inviato alla persona cara: “Che tu possa essere felice. Che tu possa essere sereno. Che tu possa stare bene. Che tu possa essere al sicuro”.
Dopo aver lasciato sedimentare le sensazioni emerse si passa a una fase successiva della meditazione, inviando il messaggio benaugurale a una persona verso cui non si riesce ad andare d’accordo. Se risulta complesso si può tornare a visualizzare la persona cara o si può indirizzare il messaggio benaugurale a se stessi. Praticare questa meditazione anche verso persone con cui si hanno incomprensioni ci aiuta a capire cosa accade in noi quando riconosciamo di essere connessi con qualcun altro. Più la si pratica, più si sperimenta una maggiore leggerezza, un minor senso di rabbia e di distanza e una più profonda unione con tutti.