La dimensione “simbolica e mitologica” delle asana

Intervista a Paola Elena Brignoli e Jores Facchinelli

Quando si praticano le Yogasana si focalizza l’attenzione soprattutto sugli aspetti fisici, connessi alla posizione corretta del corpo, in sintonia con il respiro. Si può inoltre essere consapevoli del flusso energetico che emerge compiendo una certa sequenza di asana. Oltre ai livelli sottili e corporei, è importante considerare la dimensione simbolica e mitologica insita in molte posture yogiche. Infatti, le asana non sono semplicemente “forme del corpo”, ma esprimono anche archetipi, miti lontani e universali, che si ripresentano proprio grazie a specifiche posizioni. Conoscere il significato simbolico delle asana, permette di entrare più in profondità nelle varie posture.

Per approfondire questo argomento, abbiamo posto alcune domande a Paola Elena Brignoli e Jores Facchinelli, insegnanti di Yoga, le quali, dal 1° al 3 novembre 2019, a Trento, terranno proprio un Retreat interamente dedicato allo “Yoga e alla mitologia induista”.


La maggior parte dei ritiri e seminari di Yoga si focalizzano sulla parte fisica (asana e pranayama) e su quella legata al sistema sottile. Sebbene vengano comunque trattate asana che si collegano ai miti induisti è raro che l’insegnante spieghi in dettaglio il simbolismo delle posizioni. Come è nato il desiderio di attivare un ritiro ad hoc incentrato sulla mitologia induista?

«La mitologia ci ha sempre affascinate e negli anni di pratica e di insegnamento abbiamo iniziato ad approfondire il tema. I miti sono antichi quanto l’umanità stessa, sono transculturali e si ritrovano in ogni civiltà, dimostrando così come la psiche delle persone possieda aspetti condivisi tra culture diverse, nonostante si esprima in maniera personale in ognuno di noi. La società moderna, specialmente quella occidentale, caratterizzata da una conoscenza di natura prevalentemente empirica e scientifica, trascura la potenza e l’importanza dei miti che, tuttavia, hanno ancora molto da insegnarci. La ricerca di verità empiriche nei miti ha sacrificato il loro aspetto umano; la mitologia va quindi interpretata come una metafora dal profondo significato psicologico, emotivo ed esperienziale. Le storie narrate dai miti si connettono direttamente al nostro inconscio e ai suoi archetipi, i simboli che rappresentano gli schemi universali della coscienza. La mitologia fornisce una chiave di lettura della nostra stessa persona, in tutta la nostra complessità e bellezza, esplora il mistero della nostra esistenza. Svela e integra gli aspetti più profondi e celati di ognuno di noi, rivelando la saggezza infinita del nostro essere».

Perché secondo voi è importante che un praticante conosca anche il mito che porta in essere l’asana?

«Approcciarsi alla pratica delle posizioni, consapevoli delle storie ad esse collegate, consente di poter trasformare ogni lezione in una fonte di ispirazione per la nostra quotidianità. Le storie della mitologia induista rappresentano metafore che ci aiutano a comprendere il mondo, le persone e il mistero del nostro Sé da una prospettiva diversa da quella abituale. La mitologia mette in scena le nostre vite e ci fornisce un contesto chiaro, grazie al quale possiamo rivivere le nostre esperienze, ritrovare aspetti comuni a ognuno di noi, comprendendo così e interpretando le esperienze della nostra quotidianità. Miti e leggende illustrano l’evoluzione del nostro essere: mettono in scena ciò che viviamo, forniscono spunti di riflessione su come superare ostacoli del percorso e mostrano come possiamo diventare, ricordandoci il nostro infinito potenziale. Ritroviamo nelle divinità della mitologia induista aspetti di noi che facciamo fatica ad accettare o gestire, come ad esempio l’ira di Shiva, così come aspetti che vorremmo coltivare maggiormente come la fedeltà e la fiducia simboleggiata da Hanuman. I miti e le divinità induiste ci ricordano come possiamo diventare gli eroi della nostra storia e che, anche senza spade e armature, possiamo combattere e sconfiggere i nostri demoni».

Durante il ritiro a Trento coinvolgerete i partecipanti in sessioni che si ispirano l’una al mito di Virabhadra, l’altra al mito di Shiva Nataraja. Potete fornirci qualche dettaglio/anticipazione?

«Virabhadrasana e le sue varianti sono tra le asana più praticate nelle classi di yoga. Tradotto dal sanscrito come “Guerriero”, Virabhadra significa in realtà “Eroe d’Acciaio”. Nasce da una ciocca di capelli che Shiva – adirato e sconvolto dal dolore per la morte di Sati – lancia a terra dando vita a un eroe indomito che ha il compito di uccidere Daksha, responsabile della morte della fanciulla. È un mito a cui siamo particolarmente legate, perché racconta la storia d’amore del Dio che ha donato lo Yoga agli esseri umani e della sua sposa, che va contro il suo stesso padre per seguire il suo cuore. Un altro motivo importante per cui lo abbiamo scelto è che Virabhadra è un guerriero spaventoso, ma è lo stesso guerriero del cui coraggio abbiamo bisogno per confrontarci con il nostro lato oscuro, quello in cui nascondiamo paure, ansie e dolori, trasformandoli in carburante per la nostra crescita interiore. Durante la sequenza rivivremo questa storia emozionante tra posizioni di forza ed equilibrio, ideali per sviluppare le qualità interiori necessarie al nostro viaggio eroico attraverso le vicissitudini della vita».

«Natarajasana è la posizione yoga dedicata a Nataraja, la raffigurazione di Shiva che esegue la danza Tandava, simbolo dell’eterno originarsi e dissolversi dell’universo, metafora dell’eterna lotta tra le polarità della vita, scontro e integrazione delle forze oscure della psiche. Nonostante l’apparente forza distruttrice di Shiva, il suo volto è sereno e impassibile, con un accenno quasi di sorriso che aleggia sulle labbra, a sottolineare la sua calma nell’affrontare il caos e le avversità, consapevole che la distruzione anticipa la rinascita, e che tutto ciò che nasce, allo stesso tempo, deve morire. Shiva viene raffigurato con quattro braccia: le due braccia superiori scandiscono l’inizio e la fine del ciclo cosmico, con la mano del braccio sinistro che contiene il fuoco sacro di Agni, strumento di distruzione e rigenerazione, simbolo della fiamma come conoscenza salvifica. Le braccia inferiori sono rassicuranti, con il palmo destro in Abhaya Mudra, il gesto che dissipa la paura, fornendo forza e coraggio per muoversi nel mondo, superando pericoli e avversità. Troviamo anche qui, come in Virabhadra, l’elemento del coraggio e della forza interiore. La danza di Shiva nasce dall’essere libero dalla paura e ci insegna come navigare le acque del cambiamento. Shiva comprende come il cambiamento sia l’unica costante dell’universo e ci invita ad affrontare senza paura questo aspetto della vita. Shiva è compassionevole nella sua distruzione, ricordandoci l’importanza di creare spazio per quelle trasformazioni necessarie nella nostra vita, evitandoci di rimanere bloccati e dominati dalla paura. Ci invita ad espanderci e muoverci al di fuori della “comfort zone”, in territori inesplorati dove risiede il nostro potenziale di crescita e trasformazione».

Oltre ai riferimenti e alle spiegazioni connesse alla mitologia induista quali altre pratiche prevede il ritiro?

«Il programma del ritiro verte attorno alla mitologia induista, ma le classi di yoga saranno integrate da pratiche mattutine dedicate alla meditazione e al pranayama. Sono tecniche fondamentali e utilissime, ma spesso mettono i praticanti in difficoltà più delle posizioni avanzate. Nelle nostre vite frenetiche incentrate sul fare e su obiettivi da raggiungere è sempre difficile fermarsi, senza sentirsi in colpa, anche solo per pochi minuti. Eppure, ascoltare il proprio respiro, ampliare lo spazio tra un pensiero e l’altro e provare ad abitare quello spazio di silenzio permette di rigenerarci e di predisporci ad affrontare il percorso più consapevoli e con mente serena. Il programma prevede anche una lezione di yoga dove una pratica più attiva, Yang, verrà accompagnata da una pratica Yin; quindi in questa fase, i movimenti saranno lenti e le posture verranno mantenute a lungo. Ciò aiuta a coltivare uno stato di quiete a livello fisico e mentale. Il ritiro sarà arricchito da due incontri: uno dedicato all’utilizzo degli oli essenziali per supportare il nostro benessere, fisico ed emotivo, e il secondo incentrato sull’ayurveda, scienza gemella dello yoga che ancora oggi rivela le proprie potenzialità».

Avete in programma altri workshop/corsi in Italia?

«Siamo felicissime di questa collaborazione, a cui seguiranno altri eventi il prossimo anno. Abbiamo già tante idee da sviluppare insieme e i vostri lettori saranno tra i primi ad essere informati dei nostri progetti futuri».

«Io (Jores), il 1° dicembre, in zona Milano, ho in programma una Winter Experience, che unisce la pratica yoga e un festoso brunch, insieme a Eleonora Borgo, naturopata ed esperta olistica. Il 15 dicembre invece riprenderò con i corsi di cucina ayurvedica a tema stagionale, che mi permettono di condividere la mia grande passione per l’antica medicina indiana».


Dal 1° al 3 novembre 2019, a Trento, Jores Facchinelli e Paola Elena Brignoli condurranno un retreat interamente dedicato allo Yoga e alla mitologia induista.

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