Ecologia interiore – Intervista a Daniel Lumera

di Massimo Torriani

Nel suo ultimo libro, Ecologia Interiore, scritto a quattro mani con Immaculata De Vivo, propone un metodo innovativo per sperimentare una nuova rivoluzionaria esperienza di salute e benessere. In cosa consiste?

«È un approccio trasversale basato su semplici azioni che riguardano il corpo fisico, la nostra energia vitale, la sfera emozionale, la dimensione mentale, la bonifica del nostro passato con i suoi traumi e gli eventi che non sono stati integrati ed elaborati; e ancora, la dimensione relazionale, andando a purificare le relazioni tossiche per creare relazioni consapevoli; l’ambito lavorativo, per affrontarlo e viverlo quotidianamente in modo sano e sereno; la dimensione esistenziale relativa alla nostra “vocazione”, ossia al significato più profondo della nostra vita. Il metodo, lavorando su tutti questi ambiti, genera quindi – e la scienza lo dimostra – un altissimo impatto sulla qualità della nostra vita, sulla nostra salute, sulla longevità, sulla prosperità, sull’armonia, sull’equilibrio e, più in generale, sul benessere».

Alcuni capitoli del suo libro parlano di come possiamo coltivare il nostro “giardino interiore”. Ci spiega meglio il concetto?

«Dentro di noi esiste un “ambiente interiore” che rispecchia l’ambiente esterno. E tale ambiente è composto da elementi che possono essere altamente tossici oppure altamente armonici ed equilibrati. Facciamo un esempio: il giardino emozionale del nostro mondo interiore può essere caratterizzato da frequenze emozionali come rabbia o risentimento, colpa, impotenza, frustrazione, ansia, paura; oppure, diversamente, possono essere dominanti empatia, gratitudine, gioia, felicità, amore. Prediligere questi valori e queste emozioni positive significa avere cura del proprio giardino interiore, ascoltarne le tossicità e trasformarle, modificarle, per renderlo un luogo di bellezza e armonia».

Contrariamente a molti altri scrittori “olistici” lei basa il suo metodo su studi scientifici e la stessa presenza di Immaculata De Vivo dimostra il suo interesse per una divulgazione mirata e non solo filosofica. Ci può spiegare meglio il suo percorso e i suoi obiettivi?

«La scienza – come l’arte e la cultura, e così come il silenzio, la meditazione, la spiritualità – è un linguaggio universale, che appartiene e viene compreso da tutte le culture. Partendo da qui, personalmente ho prediletto un approccio trasversale, inclusivo, multidisciplinare che comprendesse tutti questi linguaggi. Non ho una visione meccanicistica dell’essere umano, al contrario abbraccio una visione multidimensionale e, quindi, credo che la nostra reale ricchezza venga potenziata quando riusciamo a costruire ponti tra linguaggi, discipline, prospettive e culture, così da scoprire anche modi differenti di vivere la stessa consapevolezza del mistero dell’essere umano. Questo è il mio approccio, da sempre. Sono un biologo naturalista per formazione, che al contempo è stato anche un monaco laico della tradizione indovedica per lungo tempo, oltre dieci anni, e quindi la mia visione, o meglio la mia missione è creare ponti tra saperi, integrando le antiche tradizioni con le più recenti e avanguardistiche scoperte scientifiche».

Sappiamo che un suo libro precedente, Biologia della Gentilezza, ha dato origine al Movimento Italia Gentile. Ci può spiegare in dettaglio questa iniziativa?

«Nel 2020 tutto ciò che ci era familiare è stato totalmente sconvolto: dalla routine quotidiana ai progetti a breve, medio e lungo termine, e le persone sono state costrette ad affrontare la profonda rottura della propria consuetudine e a rivalutare le priorità in un futuro ancora molto incerto. L’Italia, insieme al mondo intero, ha fronteggiato poi il perdurare dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da COVID-19, che ha portato con sé gravi ripercussioni, soprattutto a livello economico e sociale.

In questo contesto, nella primavera 2020, durante il primo lockdown, è nato il Movimento Italia Gentile, espressione inizialmente spontanea di adesione ai valori espressi in Biologia della Gentilezza, il primo libro della trilogia dedicata alla “biologia dei valori”, insieme a La lezione della farfalla e, appunto, a Ecologia Interiore. Grazie a questo primo libro, infatti, ha preso il via non solo “l’atto di gentilezza sospeso”, che ha visto numerose persone donare il volume ad associazioni, persone care o persone in difficoltà, ma anche ha preso vita una serie di iniziative che ha coinvolto circa 200.000 persone e un centinaio di realtà tra librerie, hotel, ristoranti, negozi, attività commerciali in genere, imprese, organizzazioni non profit e istituzioni. In questo contesto si inscrive anche il progetto dei Comuni Gentili, iniziativa volta a incentivare lo sviluppo delle realtà aderenti in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, con l’obiettivo di valorizzare la relazione tra istituzione, cittadino, territorio e natura attraverso la promozione di una nuova educazione alla consapevolezza e al benessere individuale, relazionale e collettivo ad alto impatto sociale.

Ad oggi sono oltre quaranta le Città Gentili in tutta Italia, a cui si affianca la Repubblica di San Marino, primo Stato Gentile al mondo, che hanno scelto di impegnarsi a declinare il valore della gentilezza in progetti sociali concreti e misurabili, a beneficio della propria comunità e del proprio territorio. Ma non solo, il Movimento si sta espandendo anche in Spagna e America Latina grazie alla sua espressione internazionale, l’International Kindness Movement, volto a promuovere i valori di gentilezza, pace e cooperazione a livello mondiale».

Nel libro La cura del perdono affronta un tema difficile, indicando una via alternativa per trovare il benessere psicofisico. Cosa significa per lei il perdono e come impatta sulla vita delle persone?

«Il perdono è un percorso spirituale laico che punta alla libertà e passa per l’agire. È un’esperienza forte, un percorso attraverso il quale si comprende che la felicità non dipende da ciò che abbiamo o facciamo, ma dalla consapevolezza di ciò che siamo. La cura del perdono nasce, infatti, da una sofferta crisi personale che nel 2005 mi ha investito sconvolgendo salute, relazioni, lavoro, amicizie e ideali. Dopo vani tentativi per uscirne, quasi all’improvviso, ho scoperto il perdono, un’esperienza che si colloca oltre l’ambito psicoterapeutico, religioso e spirituale, nata e maturata in una dimensione nuova, capace di rivoluzionare il mio essere e la mia vita.

Da qui sono poi scaturite successivamente anche collaborazioni con università, istituzioni sanitarie e il Global University Network for Innovation dell’UNESCO, per integrare il perdono nell’educazione, nella salute e nella gestione dei conflitti. È nata anche, grazie all’Organizzazione di Volontariato My Life Design, ente del terzo settore da me fondato per portare avanti i progetti sociali, la Giornata Internazionale del Perdono, palcoscenico internazionale volto a favorire il dialogo tra le istituzioni e personaggi di spicco del mondo della cultura, dell’arte, dell’economia e della scienza, affinché si impegnino in maniera pragmatica alla diffusione di una cultura della pace e della consapevolezza.

L’evento, nato nel 2016, ha visto coinvolte figure del calibro di Tara Gandhi Bhattacharjee, nipote del Mahatma, Yolande Mukagasana (candidata al Premio Nobel per la Pace), Terry Waite, Ervin László, Scarlett Lewis e molte altre, oltre ad aggiudicarsi prestigiosi riconoscimenti da UNHCR, Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, Ministero della Giustizia e, per tre edizioni, la medaglia della Presidenza della Repubblica italiana per l’alto valore culturale riconosciuto alle iniziative collaterali all’evento stesso.

Si dovrebbe comprendere maggiormente come imparare a perdonare rientri nel nostro stesso interesse sociale, soprattutto quando trova applicazione in ambiti complessi come carceri e ospedali, dove si ha a che fare con gli errori, la vita e la morte. Se non si impara a perdonare non si potrà mai tornare a vivere. Le tecniche del perdono, poi, possono supportare anche la nostra quotidianità, dato l’impatto che emozioni come ansia, rabbia e colpa hanno sulla nostra vita di tutti i giorni, sul sistema immunitario, sulla nostra salute e sulla qualità delle nostre relazioni».

Da vera celebrità internazionale nell’area delle scienze del benessere sappiamo che è sempre alla ricerca di nuove esperienze che avvalorino i suoi studi. Ci può parlare dei suoi progetti futuri?

«I miei progetti futuri riguardano, innanzitutto, la sfera sociale. Ad esempio stiamo lavorando a creare una stanza di meditazione in carcere, un luogo che possa unire polizia penitenziaria e detenuti nella pratica delle arti contemplative, con la possibilità di applicare una rilevazione scientifica che dimostri l’incidenza in positivo sulla qualità della vita dei detenuti e degli agenti e il superamento dei conflitti. Inoltre, stiamo operando in ambito ospedaliero e sanitario, nell’accompagnamento al morente, nell’elaborazione del lutto e di tutto il dolore e la sofferenza legata alla malattia, non solo con i pazienti e degenti, ma anche con familiari e personale medico e sanitario, grazie alla creazione di una rete di ospedali gentili. E in quest’ambito ci stiamo anche occupando di creare uno spazio dedicato all’accompagnamento del fine vita in età pediatrica.

Questo si lega al progetto del Centro “L’Incontro”, che sta sorgendo a Telti, una cittadina della Gallura in provincia di Sassari, immersa nella natura. Ex sede della comunità di recupero di Don Gelmini, il Centro sorge, infatti, con una forte vocazione sociale come un luogo di dialogo tra Spiritualità, Scienza, Cultura e Arte, affinché i valori più elevati dell’essere umano possano essere tradotti e declinati in progetti e iniziative sociali a servizio di tutta la comunità in primis territoriale, ma con uno sguardo più ampio anche nazionale e internazionale. Le aree di azione saranno educazione, salute, integrazione sociale, ambiente e giustizia, espandendo e radicando i progetti sociali già in essere dell’ODV My Life Design.

Tra le priorità sono previste strutture idonee ad ospitare persone bisognose, giovani e chiunque lo richieda secondo la formula “ora et labora”; la costruzione dell’hospice per bambini e famiglie cui accennavo prima e la creazione di una scuola e un asilo nel bosco, con percorsi orientati all’educazione alla consapevolezza e ai valori per i più piccoli, affinché crescano nella cooperazione, nell’empatia, nella gratitudine, nella gentilezza, nella collaborazione. Il nostro sforzo sarà quello di concretizzare un ambiente naturale interiore idoneo affinché anche questo passaggio così delicato, importante e sacro della vita possa essere fonte di consapevolezza, di valori e di amore. Infine, proprio negli Istituti educativi abbiamo creato una rete di Scuole Gentili con percorsi di valori che includono gentilezza, compassione, empatia, perdono, gratitudine. Questo proprio perché sappiamo che sono delle medicine naturali di fondamentale importanza per l’evoluzione del pianeta.

Aggiungo, poi, due altri progetti che mi stanno particolarmente a cuore. Il primo mi vedrà al museo MAXXI di Roma protagonista dal 20 al 24 settembre prossimi di un progetto sperimentale e all’avanguardia che unisce arte, neuroscienze e meditazione e che nasce dall’inedita cordata tra me e il mio team, il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo guidato da Giovanna Melandri, l’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche guidato dal professor Giacomo Rizzolatti, padre della ricerca dei neuroni dei neuroni a specchio, in collaborazione con Henesis Srl e con il sostegno di Solgar Italia Multinutrient SpA. 

Il progetto, dal titolo emblematico LA MENTE MEDITANTE. Art, Science and an Enlightened Mind, mi vedrà meditare 7 ore al giorno per 5 giorni consecutivi, affiancato di volta in volta dal pubblico e da ospiti del mondo dell’arte, della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della scienza. L’attività neuronale che si attiva nel nostro cervello, passando attraverso tutti e 4 gli stati meditativi, sarà visibile su maxischermo grazie a una scala cromatica che va dal blu al rosso, dal freddo al caldo in base al grado di attivazione delle varie aree cerebrali, rendendo appunto visibile l’invisibile. Così, grazie alla scienza, i processi neurali di un cervello meditativo e gli aspetti neurofisiologici su cui la meditazione impatta si svelano divenendo essi stessi opera d’arte.

Infine, presto partirà in Italia il nostro primo percorso formativo per insegnanti di meditazione. Credo che oggi si debba comprendere bene cosa significhi meditare, cosa sia e cosa non sia la meditazione. Per questo intendiamo formare persone altamente qualificate che possano guidare e trasmettere la meditazione in linea con le ricerche scientifiche più recenti».


Per approfondire il lavoro, le attività e le pubblicazioni di Daniel Lumera:

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