Come prepararsi alla pratica meditativa

In origine, le asana venivano praticate per preparare corpo e mente alla pratica meditativa. Negli ultimi decenni, le posture yoga vengono spesso eseguite con l’obiettivo primario di rendere dinamico e tonico il corpo. In molti casi, la meditazione è rilegata agli ultimi minuti di una classe o non viene nemmeno presa in considerazione. Eppure, lo scopo principale dello yoga – almeno così come era stato concepito tradizionalmente – è proprio quello di permettere al praticante di tenere a lungo le posture meditative.

Negli Yoga Sutra di Patanjali troviamo descritto il percorso grazie al quale accedere a livelli di coscienza sempre più elevati, che portano quindi a una condizione meditativa profonda. Raggiungendo questo stadio si percepisce l’unione con il Tutto, abbandonando così illusioni e attaccamenti.

Gli Yoga Sutra rappresentano la base più antica dell’Ashtanga Yoga, ovvero “lo yoga delle otto membra”. Viene chiamato così perché sono otto gli stadi o le tappe che occorre attraversare per pacificare corpo e mente.

Gli otto stadi dell’Ashtanga Yoga

  1. Yama (codici morali);
  2. Niyama (purificazione e studio del sé);
  3. Asana (posizioni);
  4. Pranayama (controllo del respiro);
  5. Pratyahara (controllo dei sensi);
  6. Dharana (concentrazione);
  7. Dhyana (meditazione);
  8. Samadhi (contemplazione, realizzazione del sé o stato di beatitudine).

La meditazione (Dhyana) è il penultimo gradino del cammino yogico, preceduta da quella fase – chiamata Pratyahara – che ci porta a “ritirare i nostri sensi” e a guardare all’interno di noi.

Volgere lo sguardo verso il nostro mondo interiore

Una pratica efficace e potente che ci aiuta a spostare l’attenzione cosciente dall’esterno all’interno di noi è Trataka. Definita “meditazione sulla candela” è più una tecnica che ci invita dolcemente a concentrarci su un oggetto particolare. Tale oggetto può essere una candela accesa, o anche un cartoncino colorato, o un’immagine raffigurante, per esempio, un mandala. In genere, nella pratica yogica il Trataka consiste nel fissare lo sguardo sulla fiamma di una candela.

La candela deve essere posta all’altezza degli occhi e distante circa un metro da sé.

Ci si siede a gambe incrociate e si chiudono gli occhi per alcuni minuti. Il tempo di effettuare almeno 8-10 cicli respiratori completi.

Si riaprono gli occhi e si incomincia a fissare la fiamma della candela.

Se si avverte stanchezza agli occhi o se iniziano a lacrimare, richiudiamoli.

Poi ritorniamo a fissare la fiamma della candela, sino a quando sentiamo che la mente si è pacificata.

La respirazione a narici alternate

Il respiro è quella funzione che possiamo controllare al fine di intensificare la nostra presenza mentale e i nostri livelli di attenzione. La tecnica chiamata Nadi Shodhana ci aiuta a migliorare la concentrazione, evitando che la mente oscilli da un pensiero all’altro.

Come affermò Yogi Bhajan: 
“Il respiro è la vostra guida, il vostro saggio, la vostra conoscenza… 
La vostra vita e la sua esistenza sono basate sul respiro della vita. 
Fate amicizia col respiro e respirate consapevolmente”.

Per praticare Nadi Shodhana si consiglia di assumere una posizione a gambe incrociate. La schiena è dritta ma non rigida. Le mani sono appoggiate sulle cosce. Si alza la mano destra e si piegano l’indice e il medio verso il palmo; si porta quindi il pollice destro sulla narice destra e per chiuderla si preme leggermente con il pollice. Si inspira in modo profondo dalla narice sinistra contando almeno cinque tempi. In una seconda fase, si chiude la narice sinistra con l’anulare destro e si apre contemporaneamente quella destra. Si espira dalla narice destra contando almeno cinque tempi. Si inspira quindi dalla narice destra, la si chiude e si riapre quella sinistra, espirando attraverso essa. In questo modo si conclude un ciclo respiratorio.

Introspezione con i Mudra

I Mudra sono “gesti simbolici” che aiutano a incanalare le energie, favorendo una maggiore introspezione. Chin Mudra è tra quelli più utilizzati per raggiungere lo stato di Dhyana. Viene definito anche gesto psichico della coscienza. Lo si esegue unendo la punta dell’indice con la punta del pollice, mentre le altre tre dita sono rivolte verso il basso.

Ancor più indicato è Dhyana mudra. Lo si esegue portando la mano destra aperta sopra la mano sinistra aperta, quindi entrambe le mani hanno i palmi rivolti verso l’alto. Le punte dei pollici si toccano. È un mudra che favorisce la pace interiore e l’unione con il Tutto.

Articoli correlati

Lascia il tuo commento

Per favore inserisci il tuo nome.
Per favore inserisci commento.