Asteya, il valore dell’integrità

Asteya fa parte degli Yama, che costituiscono il primo stadio dell’ottuplice sentiero (Ashtanga Yoga). Definibili come insieme di principi etici e regole di comportamento sociale, gli Yama – insieme ai Niyama – rappresentano insegnamenti volti ad affinare l’etica personale e la propria condotta. Descritti in dettaglio negli Yoga Sutra di Patanjali, Yama e Niyama favoriscono una purificazione etica e mentale, prima tappa del viaggio yogico verso la piena realizzazione. Un viaggio che parte dall’esterno per arrivare al sé.

Gli Yama sono:

  1. Ahimsa, non violenza.
  2. Satya, sincerità.
  3. Aparigraha, rinuncia.
  4. Asteya, non rubare.
  5. Brahmacarya, astensione e castità.

Dei primi tre Yama abbiamo già parlato; qui approfondiamo Asteya.

Asteya, non rubare

L’Aforisma II-37 degli Yoga Sutra spiega cosa si intende per Asteya:

Asteya pratishthayam sarva ratna upasthanam.

Quando l’astensione dal rubare è fermamente stabilita, allora arrivano le gemme più preziose.

La parola Asteya significa “non rubare”. Indica la volontà di non appropriarsi di ciò che non ci appartiene. Asteya si riferisce sia agli oggetti materiali, sia alle idee degli altri.

Questo Yama ci fa riflettere sull’importanza dell’onestà e dell’integrità. Interiorizzare Asteya, significa vivere in armonia con gli altri, senza invidia: perché quando si desidera e ci si appropria di qualcosa che non è nostro significa anche provare dentro sé attaccamento. Asteya si collega quindi anche ad altri Yama, come Satya, la verità, e Ahimsa, la non-violenza. Senza Asteya si vivrebbe nella menzogna, nella colpa e nella paura di essere scoperti.

Quando sviluppiamo Asteya, nutriamo in noi la capacità di lasciar andare gli attaccamenti. Ma non solo. Alimentiamo la fiducia nelle nostre capacità e nelle opportunità che ci offre la vita, senza dover guardare al di fuori di noi.

Sviluppare Asteya significa anche non cadere nelle trappole della rivalità, della competizione estrema, dell’arrivismo e dell’egoismo.

Applicare Asteya sul tappetino

Ci si può chiedere quindi come coltivare questo e attuare questo Yama una volta che si è srotolato il tappetino.

Si inizia con piccoli passi. Per esempio, prendendo consapevolezza della nostra energia. Per verificare ciò ci si può portare in Savasana ed effettuare una meditazione sulle sensazioni fisiche (body scan).

Se avvertiamo una bassa vitalità, non rubiamo energia al nostro corpo e pratichiamo in sintonia con le esigenze e le capacità del momento.

Asteya ci permette di osservare il nostro mondo interiore, di nutrire pazienza, senza più guardare altrove con occhi insoddisfatti.

Pratichiamo le asana ascoltando semplicemente il nostro corpo, senza guardare i movimenti o la flessibilità della nostra vicina di tappetino. Non rubiamo inutili energie a noi stessi e agli altri. Lasciamo andare, accettiamo e alimentiamo le nostre virtù.

Come affermò il Maestro B.K.S. Iyengar:

“L’essere umano che non prende ciò che non gli appartiene viene colmato di tutte le ricchezze. Essendo senza desideri, attrae senza sforzo ciò che è prezioso, in senso materiale e in senso figurato, inclusa la gemma di tutti i gioielli: la virtù”.

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