Accettare con gentilezza gli altri e se stessi

La meditazione sulla gentilezza è una pratica orientale che porta ad accettare gli altri e se stessi senza giudizio. In Asia, quando si parla di questa forma contemplativa, si utilizza “Metta”, termine in pali (che è l’antica lingua in uso ai tempi del Buddha) che vuol dire proprio “gentilezza”. In realtà, “Metta” ha un significato più ampio, riferendosi anche all’amore, all’amicizia, alla disponibilità. È una pratica che spinge ad aprirsi agli altri e ad ascoltare anche se stessi.

Andare oltre la “voce critica” interiore

Praticare “Metta” non significa solo e soltanto dedicarsi a una forma meditativa. “Metta “ è un’attitudine fondata sulla gentilezza amorevole. Per realizzarla in concreto occorre controllare il proprio “giudice interiore”, ovvero quella voce critica che emette in continuazione giudizi morali nei confronti di sé e degli altri. Quando questa voce prevale si rischia di non apprezzare più la vita per quello che è, anche con le sue imperfezioni e con i problemi quotidiani. Continuando ad alimentare “il giudice interiore” si rischia di guardare il mondo con le lenti offuscate della negatività. L’autocritica, i rimproveri, la svalorizzazione di sé e degli altri sono operazioni mentali che alimentano l’ego; al contempo, ci impediscono di vivere in modo sereno ed equilibrato.

Perché è importante alimentare “Metta”, la gentilezza

Sviluppare nel proprio atteggiamento quotidiano la gentilezza amorevole produce una serie di benefici:

  • aiuta a frenare l’eccesso di autocritica e i giudizi negativi verso gli altri;
  • consente di gestire meglio emozioni quali rabbia, tristezza, paura;
  • sviluppa un maggiore senso di empatia;
  • permette di guardare la realtà e di viverla con uno sguardo consapevole e con maggiore armonia.

La meditazione sulla gentilezza amorevole

Prima fase

Si assume la postura meditativa assisa. Si porta l’attenzione al respiro naturale, senza sforzo. Si rimane consapevoli del proprio inspiro ed espiro, poi si prende coscienza del proprio corpo, delle proprie emozioni e sensazioni. Si porta l’attenzione a se stessi senza alcun giudizio, guardandosi con gentilezza.

Seconda fase

Dopo un ciclo di almeno dieci respiri consapevoli si passa alla seconda fase, portando l’attenzione a una persona specifica, un familiare, un amico/a. Osservando con gli occhi della mente questa persona si medita indirizzandole un sentimento di gentilezza amorevole e un auspicio di felicità.

Terza fase

In seguito, sentimenti di gentilezza amorevole vengono rivolti a un estraneo, una persona per così dire “neutra”, che si conosce di vista ma verso cui non si provano sentimenti né positivi, né negativi.

Quarta fase

Infine, sentimenti di gentilezza amorevole vengono rivolti a una persona che si considera “difficile”, verso la quale si provano generalmente emozioni negative. Portando l’attenzione su questa persona si inizia a cogliere un suo lato positivo; poi si immaginano le interrelazioni che tale persona ha con gli amici, con i suoi familiari. Con calma la si osserva con obiettività, cercando di sviluppare una maggiore equanimità verso di lei.

Quinta fase

In questa fase, si può espandere lo sguardo a più persone, nutrendo sentimenti di gentilezza amorevole all’intera umanità.

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